Se l’arte si fa con i genitali: “Vagina Monoprints”

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Pricasso dipinge George W. Bush col proprio pène
Pricasso dipinge George W. Bush col proprio pène

L’espressione artistica priva di intimità, forse, non merita neanche di essere chiamata tale. Ma qualcuno, evidentemente, deve aver preso troppo sul serio questa volontà. Nel districarsi dei secoli s’è fatta arte che raffigura i genitali (ne parlammo qui: “In arte genitali. Il lungo viaggio dell’intimità”), sicuramente non “con” i genitali. Se poi il tizio di New York si diverte, a sue spese, a fare ritratti col fallo – un po’ come Pricasso, alla vita Tim Patch, un allegro signore australiano che dipinge col pène, le cui opere sono quotate dai dai 299 ai 1000 dollari, uno che ti fa esclamare che minchia di ritratto! – questo non possiamo saperlo e, sicuramente, è immaginabile. Ma in un’epoca in cui il pensar e il parlar corretto corrisponde allo stare al mondo correttamente, in cui Cicciottelle in un titolo vale un licenziamento, poteva mancare, dopo il pène-pennello di Patch, la grande avanguardia della pittura vaginale? Neanche per sogno!

In arte, la vulva. La delicata essenza femminile è protagonista indiscussa dell’arte contemporanea o meglio del grande zoo dell’arte contemporanea. Ma attenti: siamo lontani anni luce dal primordio, dall’origine del mondo di un certo Gustave Courbet. Dopo il raro caso di sdoppiamento vaginale giustificato come attacco d’arte e non, come sarebbe stato giusto, di eccitazione estemporanea o di sindrome di Courbet, quella dell’immane desiderio di mostrarla a chiunque, – chiedetelo a Deborah De Robertis, artista originaria del Lussemburgo che nel 2014, al Museo d’Orsay di Parigi, ha posato nuda davanti alla celebre tela “L’Origine du Monde” con in sottofondo l’Ave Maria di Shubert, ottenendo un fermo di Polizia e l’evacuazione del museo -, arriva la vera e propria vagin painting, per mano, o meglio per genitale femminile, di Vivienne L’Amour e colleghe, impegnate nel realizzare delle fantastiche “Vagina Monoprints”. L’artista – si fa per dire, giuro! – si impennella ben, bene di colore all’altezza della pancia e dell’inguine, e si sdraia su della stoffa, stampando, trasferendo l’acrilico, con la forma delle proprie parti intime. Facile no? Pur essendo identico lo stampa, l’opera, di volta in volta, cambia in base alla pressione, al movimento del bacino e al colore utilizzato.

Di altro spessore, sicuramente più desideroso di attrarre attenzione intorno a sé, è l’espressione gallinesco-esibizionistica di Milo Moirè, bellissima trentatreenne svizzera, laureata in psicologia; una che si presenta nuda nel 2015 in un museo e che si fa masturbare pubblicamente in piazza – con la performance “Mirror Box”, eccesso che le è valso l’arresto –. Ma soprattutto la pioniera della pittura vaginale fatta deponendo uova di colore. L’ingegnosa genitrice di “PlogEgg” – questo il nome della performance -, si è presentata davanti al palazzo dei congressi di Colonia durante i giorni di Art Cologne, nuda e su un attrezzo simile a quelli che usano gli imbianchini per arrivare ancor più su. Spalancate le gambe, si è inserita delle uova nella vagina, contenenti del colore acrilico, e poi le ha depositate sulla tela sottostante, lasciandole cadere dall’alto. Risultato? Un ricordo di Pollock e tanti allegri schizzi di colore ovunque. La mission: “Voglio rendere le persone di nuovo consapevoli della loro fisicità, fargli sentire i loro punti di forza e quelli di debolezza fisica”, ha spiegato la Moirè dopo un’esibizione in Svizzera.

Nell’epoca dell’estrema tangibilità, del dito nella piaga, evidentemente il contatto effimero ed erotico tra anima ed arte non basta. Ci vuole di più. Addio elevazione, si ritorna in basso. Il corpo diventa strumento d’espressione, ignorando il Bello e divenendo mero mezzo. Dall’esaltazione della cacca – di cui un vero e proprio tripudio prende forma: “L’arte contemporanea ha un versante scatologico denso e fitto di “sgunz” da indagare a naso tappato: Manzoni e la celeberrima Merda d’artista; Wim Delvoye e la Cloaca maxima, macchina per produrre stronzi la cui versione “mini” è oggi esposta in bellavista alla Triennale di Milano; la teoria di foto di deiezioni animali di Andres Serrano dal titoloShit; la recente mostra a Torino di Cattelan Shit and die il cui marchio è stato ripreso dal famoso slogan al neon di Bruce Nauman”, citando Angelo Crespi -, alla donna gallina che depone uova di colore.