Una modella non professionista. Una casa affittata per un giorno. E immaginazione. Sam Bea commenta così i suoi lavori: “la fotografia è incontrollabile”
«Io di artistico non ho proprio niente». È il manifesto estetico (anche se la parola gli fa venire il voltastomaco) di Samuele Bea, in arte (accidenti, ci risiamo) Sam Bea. Fotografo di nudo – erotico e pop porno –, senza sapere troppo il perché, ha un solo obiettivo: «Fare foto belle di belle cose». Eliminate le piaghe sociali, le deformità, le tragedie e le portate dei ristoranti chic (trend topic di Instagram e Flickr), come ordinava Ando Gilardi, fotografo e storico della fotografia che Sam ha eletto suo unico guru, non resta molto altro che le signorine svestite.
Certo, ci sarebbero i paesaggi, ma che noia. Un orizzonte non arrossisce, non si sfida, non si affida, non ha sangue, né carne viva. Un paesaggio, soprattutto, non reagisce: può metterci in imbarazzo o in difficoltà, se siamo leopardiani, ma, in fondo, non ci insegna niente di quello che siamo. Sam, invece, racconta di scoprire molto dell’uomo che è, tanto nell’interazione con le modelle che ritrae, quanto con il risultato degli scatti, sempre incontrollabile: «Chi fa progetti, in fotografia, è un pazzo».
Sam lavora così: sceglie una modella, affitta un appartamento su Airbnb e va lì a scattare. Ne tira fuori ritratti confidenziali, precisi, spesso divertenti, dove le ragazze sembrano arredamento vivo (e non si tratta di reificazione, ma di una sorta di ritrattistica dell’agio e dell’integrazione di un corpo in un ambiente). Tutte, quasi sempre nude e formose – perché a Sam piace la sinuosità -, giocano con lo spazio e lo possiedono con la stessa magica intimità degli attori sul palcoscenico. Reginette domestiche che non servono il focolare, ma ne rintuzzano il fuoco in un gioco di complicità talmente equilibrata che persino le femministe non potrebbero avere nulla da contestare.
Sylvia Plath mise la testa nel forno per uccidersi, perché viveva in anni in cui ogni elettrodomestico era una catena: le modelle di Sam Bea, invece, sono ritratte nel riflesso del vetro del forno, mentre, nude e carponi, strisciano lontane, verso un’altra stanza, ma sempre nello stesso angolo di casa, di mondo. Ogni foto è un interno vivo riempito di cosce incuneate tra le scale, seni infilati negli oblò, spigoli che fanno angolo con le schiene. Diciamolo (e freghiamocene dei riflessi condizionati sessisti): non c’è niente di più eccitante di una donna nuda dentro una casa, soprattutto dentro una cucina.
Fotografo per caso, autodidatta e, per 40 ore a settimana, tecnico in una fonderia di Varese, dove è nato e vive, Sam Bea ha poco più di trent’anni e il suo primo amore è una Nikon comprata usata quattro anni fa, da uno studente dello IED (intonsa, perché: «Lui credeva che le foto le facesse la macchina»). In programma niente mostre, né riviste patinate: Sam fotografa per divertirsi, non per vivere o spegnere il fuoco sacro dell’ispirazione. Soprattutto, non fa circoletto.
Potete godervelo qui: sambea.tumblr.com
E qui: www.flickr.com/people/sbea