Al Museo Boncompagni Ludovisi di Roma va in scena ʺArchitettura e Paesaggio – Ludovico degli Ubertiʺ, la mostra curata da Cornelia Bujin e dedicata all’architetto e docente romano prematuramente scomparso nel 2004.
Realizzata in concomitanza con il 150° anniversario dei rapporti diplomatici tra Italia e Giappone, l’esposizione, visitabile gratuitamente fino 23 ottobre prossimo, è promossa dal Polo Museale del Lazio e dalla Fondazione Ludovico degli Uberti. Un’istituzione, quest’ultima, nata per volontà dell’architetto espressa tramite testamento, al fine di valorizzare il suo rapporto personale con l’architettura, premiare il lavoro di giovani colleghi e la formazione degli studenti, attività che lo aveva visto impegnato per anni come docente.
ʺArchitettura e Paesaggioʺ è patrocinata da FAI (Fondo Ambiente Italiano), CEMAS – La Sapienza Università di Roma, Fondazione Italia Giappone, Istituto di Cultura Giapponese e Commissione Europea – Rappresentanza italiana.
Obiettivo della monografica è valorizzare, attraverso l’opera di uno dei protagonisti dell’architettura del Novecento, la fruizione degli spazi nella relazione con il paesaggio, riportando il disegno manuale e il suo senso etico al centro del processo creativo. ʺUn invito per le nuove generazioni – spiegano i membri del Comitato scientifico composto da Marco Ancora, Fabio Andreassi, Andrea Carteny, Massimo Cestelli Guidi, Giorgio Croci, Adrian Sheppard e Donato Tamblè – a riscoprire l’autenticità artigianale della professione supportata da quei nuovi strumenti della rivoluzione digitale che hanno modificato il lavoro dell’architetto non solo nel metodo, ma soprattutto nell’espressione delle potenzialità creativeʺ.
Allievo di Perugini, formatosi sotto la guida di Bruno Zevi, degli Uberti partecipò a molti concorsi internazionali. Dai complessi direzionali di Perugia Fontivegge a quello di Latina, dalla nuova sede della Società Gas Rimini alle ville extraurbane, dai piani urbanistici territoriali alle strutture termali di Barano, fino all’omaggio espressivo a Ground Zero con la New York Tower, struttura piramidale in acciaio multicolore, la sua attività progettuale rappresenta una sintesi perfetta tra tradizione e innovazione. Una produzione apprezzata in particolare all’estero, a partire dall’atelier di Alvar Aaltoo da Miller, che lo chiamò per l’Expo di Montreal, ma anche dall’Università di Howard e dal celebre urbanista Kenzo Tange, di cui la mostra presenta un documento inedito redatto nel corso di un loro incontro romano. Si tratta di tre tavole in cartoncino scritte a matita, che rappresentano un’importante lezione sull’approccio procedurale di analisi, dove Tange vuole dimostrare la realizzabilità tecnica di uno sviluppo verticale delle città, tenendo conto di un fattore economico, della comunicazione tra luoghi distanti e delle funzioni di traffico in rapporto all’abitato.
A testimoniare le relazioni intrecciate in ambito internazionale dall’architetto sono proprio le tre sezioni tematiche in cui si articola il percorso espositivo: “un giro del mondo in cento opere”, con una selezione di 10 progetti, oltre 60 disegni dal vero e un’antologia di scatti fotografici, suddivisi per aree geografiche e ordine cronologico, scelti tra le 19mila diapositive che compongono il suo archivio personale. Il materiale esposto, declinato secondo il filo conduttore del viaggio, rivela la grande passione di degli Uberti per lo studio delle architetture asiatiche e la perfezione delle forme geometriche, oltre alla sua profonda devozione a grandi maestri come Wrigth, Le Corbusier e Louis Khan.