Ippolito Caffi: cartoline dal mondo

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40. 1698-DSC6535 da VGIC’è un piccolo quadro a olio che fa sognare, intitolato e firmato sul retro “Venezia: Neve e nebbia / Caffi”.  Il Canal Grande, coperto da una neve luminosa, con le sue barche e le sue case, affiora dalla nebbia come in una favola magica. Si sentono i rumori del mattino di una Venezia ancora addormentata, lo sciacquio dell’acqua cosparsa di nevischio. I tetti bianchi offrono uno spettacolo insolito e avvincente. Basterebbe un quadro così, di 20 x 42 cm, dipinto intorno al 1842, per fare dell’autore un grande artista. Anche Théophile Gautier era rimasto incantato da una versione dello stesso soggetto. Ne aveva sottolineato la modernità definendolo nel 1855 “un lenzuolo di neve sulle cupole e sui palazzi”.

Eppure Ippolito Caffi, nato a Belluno nel 1809 e morto a Lissa nel 1866, di simili capolavori ne ha fatti a decine. Ha immortalato città di tutta Europa, da Venezia a Roma, da Genova a Parigi a Londra, da Nizza a Siviglia sino al lontano Oriente.  A un secolo e mezzo dalla morte, un fondo di oltre 150 dipinti, con disegni e ventitré album, è esposto al Museo Correr di Venezia. Donato nel 1889 dalla vedova Virginia Missana, oggi di proprietà della Fondazione Musei Civici della città, è conservato a Ca’ Pesaro.

La mostra “Ippolito Caffi. Tra Venezia e l’Oriente” (sino al 20 novembre), curata da Annalisa Scarpa, conferma Caffi come uno dei maggiori vedutisti europei. Spaccati di città e monumenti rivelano visioni di luoghi celebri di un secolo e mezzo fa, soffusi da una luce atmosferica, che fa di Caffi un moderno Canaletto.  Pittore-reporter e soldato coraggioso, Caffi gira l’Europa e immortala quarant’anni di storia del Risorgimento tra guerre, carcerazioni, esili e ritrovate libertà, sino alla morte il 20 luglio 1866 nell’affondamento della nave ammiraglia “Re d’Italia” durante la battaglia di Lissa.

Così ci imbattiamo in Venezia, città del cuore, dopo Belluno, dove il pittore studia e ritorna sempre, ripresa nelle sue bellezze, feste e regate, nei ponti storici e nel suggestivo Bombardamento notturno a Marghera del 25 maggio 1849. Roma, dove Caffi giunge giovane nel 1832 e respira aria nuova dopo la “soffocante” accademia lagunare. Dipinge en plein air ogni pezzo dell’urbe, ogni monumento, chiesa e palazzo, dal Pantheon a Monte Cavallo, dalla Riva di Ripetta al Colosseo, al Pincio, ai Fori. Una Roma intonsa e solare con le sue campagne. E poi Napoli, Genova, con vedute di mare quasi macchiaiole.

Ma è l’Oriente, con Grecia, Turchia, Egitto, Siria, Palestina, Armenia, a stupire l’artista, a sviluppare il senso spaziale e di una luce chiara e abbagliante “contro marmi candidi e distese sabbiose senza confine”. Viaggiatore solitario, instancabile e attento, intriso di fonti letterarie, da Chateaubriand a Hugo, spinto da curiosità e fonte spirito d’avventura, ci restituisce nella sua imponenza il  Partenone di Atene, ruderi, teatri, chiese e bazar di Costantinopoli, Caffè e Moschee del Cairo, la Tomba dei Re di Gerusalemme e molte atre cose.