Claudia Catalli, conduttrice e critica cinematografica. Da cinque anni scelta da Gigi Marzullo nel programma di Raiuno Cinematografo. Conduce su Studio Universal la trasmissione registrata al teatro Quirinetta di Roma My Studio, un format – di cui è coautrice – che nasce da una domanda molto semplice:
qual è il film americano che ti ha cambiato la vita o il modo di vederla?
“Ognuno di noi ne ha almeno uno – sottolinea Claudia – che sia Braveheart o Quarto Potere. L’idea è farcelo raccontare da grandi nomi del cinema, della cultura, della musica, dello sport: ci teniamo ad essere trasversali e non rivolgerci solo agli addetti ai lavori”.
Che cosa ti affascina del cinema?
“Ken Loach una volta mi ha detto: ‘Il cinema è un mezzo per porre domande’. Sono d’accordo, mi piace uscire dalla sala sentendo di aver compiuto un viaggio interiore. Su questo credo che il nostro Paese viva un equivoco: il cinema non è un antidepressivo, non deve per forza far ridere tutti. Per questo andrebbero sempre più finanziati progetti diversi, di genere, tipo, stile assolutamente differenti gli uni gli altri, per diversificare la proposta e non appiattire i gusti del pubblico.
Quanto a me, mi affascina sapere che in quelle due ore posso essere portata ovunque, in qualunque realtà e contesto, verosimile fantastico o virtuale. Il cinema è un modo meraviglioso di ampliare i propri orizzonti. E viaggiare, restando seduti”.
Il tuo film preferito è…
“Ne ho tantissimi, sono una accanita divoratrice di film sin da bambina. Dai classici Disney a Il mago di Oz, che mi ricordano che tutto è possibile e i limiti sono solo convenzioni, che vale la pena tentare di superare, fino a Casablanca che è un film che non mi stanco mai di rivedere. Per il resto, amo tutta la cinematografia di Martin Scorsese, il primo Woody Allen, e mi interessano molto Darren Aronofsky, Christopher Nolan, Alejandro Innaritu, e il giovanissimo Xavier Dolan che trovo geniale. Sulla cinematografia italiana potrei parlare per ore: conoscevo e amavo artisticamente Ettore Scola, i suoi Una giornata particolare e C’eravamo tanto amati resteranno per sempre pietre miliari. Ma anche oggi abbiamo autori interessanti, dai noti Nanni Moretti, Gabriele Salvatores, Paolo Sorrentino, Matteo Garrone ai più giovani: chi dice che il cinema italiano è morto semplicemente non lo segue, mai come in questi anni se ne riscontra una grande vitalità”.
L’ospite che più ti ha colpito…
“Ai CineCocktail – il format di incontri di cinema che ho creato quattro anni fa e lanciato a Venezia – ne ho avuti tantissimi, da John Turturro a Matt Dillon, da Sergio Castellitto a Pierfrancesco Favino. Per quanto riguarda My Studio è stata effervescente e preziosa Claudia Gerini, che ha aperto le danze cinefile scegliendo Flashdance e raccontandoci come quel film abbia instillato in lei la voglia di farcela, di impegnarsi, di non smettere mai di mettersi alla prova e di crederci”.
Anche tu come Marzullo hai una domanda cult ricorrente…
“Sì, è il quesito nietzschiano di come si diventa ciò che si è: Meryl Streep mi rispose ‘lentamente e con molte gravidanze’. Io direi: piedi a terra e sguardo fisso in cielo”.