Zecchi: “Armonizzare le meraviglie culturali di Milano”

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Stefano Zecchi insegna Estetica all’Università degli Studi di Milano, ha scritto numerosi saggi di filosofia e romanzi, è stato assessore alla cultura nella giunta di Gabriele Albertini e quella di adesso è la sua quinta campagna elettorale, candidandosi per le prossime elezioni comunali nella lista di Stefano Parisi. Il Giornale OFF ha fatto quattro chiacchiere con lui.

Cosa la lega a Milano, professore? Come nasce la Sua candidatura nella lista Io corro per Milano a sostegno di Stefano Parisi?

Sono molto legato a Milano perché qui ho studiato, qui ho fatto i miei passi più importanti nel lavoro, all’Università, nella politica, nella pubblica amministrazione. Provo per Milano un grande affetto e un sentimento di riconoscenza per quello che mi ha dato. Amo questa città. Sono nato e cresciuto a Venezia (e ci torno spesso), dove ho fatto per dieci anni il consigliere comunale e se Venezia mi ha dato il sentimento della vita, Milano mi ha dato gli strumenti per la vita. Mi sono candidato nella lista di Stefano Parisi perché me lo ha chiesto, con molta determinazione, Gabriele Albertini, cui sono legato da molto affetto e grandissima stima. Sarà la mia quinta campagna elettorale e devo dire che con il voto di genere mi si sono alleggerite molte difficoltà: il mio abbinamento con Ilenia Ferrario mi sta dando grandi soddisfazioni.

Come trova le strutture per la cultura a Milano? Qual è secondo lei l’approccio da tenere? Quali le criticità?

Come ben sa, Milano ha straordinarie potenzialità: i teatri, le Università, i musei, gli ospedali di cura e di ricerca. Abbiamo straordinarie eccellenze, che però hanno bisogno di essere coordinate: ci vuole un direttore d’orchestra che ne consenta il massimo potenziamento. Non sempre questo accade. Pensiamo ai musei: non sono collegati da una fondazione, che avrebbe la possibilità accelerarne i processi decisionali. Si tratta di carenze che tuttavia non è difficile risolvere. C’è poi il problema delle università: le sette Università (se comprendiamo il Conservatorio e l’Accademia di Belle Arti) rappresentano una ricchezza che si è dispersa. Con la moda e il design Milano è ben collocata nel contesto culturale europeo, quindi tutto sommato manca poco per massimizzarne il valore.

Quali sarebbero i suoi primissimi progetti per la cultura a Milano? E come risolverebbe i problemi di budget?

Innanzitutto: quali possono essere i progetti? A mio modo di vedere sono molto chiari: riprendendo quanto ci siamo detti prima, bisogna coordinare università e mondo della ricerca medico-scientifica. In secondo luogo bisogna creare una fondazione musei civici. A Milano, che è la città della contemporaneità, non può mancare un museo: nel mio programma elettorale, che ho realizzato insieme a Ilenia Ferrario, ho indicato un museo chiamato Arte21, un “non museo” di arte contemporanea (perché la contemporaneità non può essere musealizzata), in cui ci sia una criticità di documentazione, una rotazione delle opere attraverso la  collaborazione delle più importanti gallerie private milanesi e nazionali. Un altro progetto, rimasto nel cassetto dai tempi in cui ero assessore, è la Biblioteca Europea, incentrata sul rapporto manoscritto/multimedialità. Ma c’è un altro atto mancato, diciamo (ero stato molto vicino alla sua realizzazione): l’istituzione della Grande Brera, l’integrazione cioè fra Pinacoteca e Accademia. Milano, poi, è anche la città dell’editoria: si è fatta sfilare da sotto il naso la Mostra del Libro di Torino, che ormai è “anziana”: ecco, ci vorrebbe una nuova Fiera del Libro, riflesso dei nuovi metodi di lettura e fruizione del testo scritto nell’era multimediale.
Un altro progetto: Disneyland nell’ex area Expo, un comodato d’uso dei terreni che li salverebbe dall’inevitabile degrado. Bene, come vede il quadro è abbastanza ricco: ci sono carenze che però potrebbero essere senza troppa fatica risolte da un punto di vista economico. La cultura è un bene fondamentale per la vita di una città e bisogna pertanto avere la capacità di costruire partecipazioni private a questi progetti, partecipazioni da premiare magari anche con le defiscalizzazioni sui contributi per la cultura. Secondo me, a lavorarci bene, si potrebbero raggiungere dei risultati anche sul piano della fattibilità economica di questi progetti.

Qual è la mostra più bella che ha visto a Milano?

Questa domanda mi imbarazza un po’, in realtà a Milano ci sono sempre state mostre importanti e di livello internazionale, faticherei a fare delle gerarchie e non vorrei fare dei torti agli eventuali esclusi. A Palazzo Reale ad esempio c’è una mostra molto importante, quella sul Simbolismo, che continua la tradizione di esposizioni di grande livello, ma se vuole le posso ricordare una mostra, che forse non sarà stata la più importante ma lo è stata sicuramente per me, essendomi molto impegnato molto quando ero assessore: la mostra sulla cultura pittorica ebraica, che sottolineava un fatto importantissimo: dove c’è identità culturale si costruisce anche una identità di popolo. Pensi che l’Accademia di Belle Arti di Tel Aviv precede addirittura la fondazione dello Stato di Israele. Insieme alla Comunità Ebraica Milanese abbiamo realizzato un tipo di mostra che mi pare non sia mai stata fatta in Italia né prima né dopo. La ricordo come una grande esperienza.

Un’idea di bellezza per Milano

Sa, la bellezza di una città è data dagli spazi pubblici abitabili. E’ l’abitabilità, a dare bellezza a una città. E’ la possibilità di dare ai cittadini sicurezza, aria pulita, giochi per i bambini, luoghi in cui si possa abitare la città, che non significa solo “avere-la-casa-lì”. Bisogna sfruttare gli spazi pubblici per capire la storia della città, perché la bellezza della città passa anche attraverso la comprensione della sua storia: in questo modo anche la semplice passeggiata si può trasformare in un’educazione estetica. Una volta i bambini li si portava a spasso, oggi li si porta al centro commerciale e nei centri sportivi e li si molla lì…

3 Commenti

  1. Ascoltare le sue parole è come scorgere all’improvviso un raggio di luce in fondo a un tunnel interminabile e buio, dove annaspiamo in un momento storico disastroso con l’angoscia che inesorabilmente assale chi perde la speranza di vivere. Il racconto breve della Sua vita vissuta a Milano, come ci ha illustrato nell’articolo apparso su Il Giornale, mi ha ricordato i tempi duri del dopo guerra, quando mi sono recato per la prima volta nella Grande Milano dove ho iniziato la mia vita di lavoro e dove ho maturato esperienze di vita che mi accompagnano tutt’ora nelle mie giornate che vivo ormai in Abruzzo da dove partii per Milano. Non dimenticherò mai la generosità e l’accoglienza ricevuta dai milanesi. Grazie Professor Stefano Zecchi, i Suoi sentimenti che nutre per Milano li ho nel cuore e Le confesso che sento rivivere la bellezza della vita.

  2. ….progetti interessanti….se messi in pratica darebbero veramente il giusto riconoscimento….trovo disgustoso trovare il modo di essere critici su uno sunto solo(fra l’altro sa da fare altroche si una nuova fiera del libro …e a milano x iniziare….poi anche in altre città di storia culturale)…..

  3. Che senso ha sdoppiare il salone del libro quando se ne organizza già uno di grande successo a un’ora di viaggio da milano?? Come sperperare le risorse

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