L’arte contemporanea tra sacro e merda

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Viviamo in tempi di crisi e secondo il saggio “interessanti”, ma anche no. Il tramonto dell’Occidente e la schizofrenia della modernità trovano massima espressione nell’arte contemporanea: da un lato una roboante retorica, funzionale ad aumentare i valori di mercato, attribuisce all’opera d’arte una sacralità e una funzione che vanno sempre ben oltre i reali intenti dell’artista; dall’altro lato, l’artista, novello sacerdote di questa confessione, non teme di utilizzare le provocazioni più astruse e patetiche per ottenere il consenso dei fedeli.

Due lati inscindibili di un’unica medaglia: ci indispettiamo per lesa maestà che le bancarelle di TevereEstate oscurino a Roma i murales di Kentridge (peraltro progettati per scomparire nel giro di qualche anno) come se normalmente gli ombrelloni dei mercati non occupassero, spesso con risultati estetici confortanti, le piazze storiche italiane supereffettando basiliche, chiese, palazzi, statue, vari capolavori…; al contempo sfiliamo in religioso silenzio a Manifesta di Zurigo davanti all’installazione dell’americano Mike Bouchet che consta di 80mila chili di merda umana. Sacralizziamo il profano e adoriamo il vitello d’oro, l’apocalisse si avvicina.

80 tonnellate di feci umane spacciate per arte a Zurigo
80 tonnellate di feci umane spacciate per arte a Zurigo