Non si placano le polemiche sul disegno di legge relativo alla “Disciplina del cinema, dell’audiovisivo e dello spettacolo e deleghe al Governo per la riforma normativa in materia di attività culturali” presentato dal Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini.
Sono sei le linee di intervento previste. Al primo punto, troviamo la creazione di un “Fondo per lo sviluppo degli investimenti nel cinema e nell’audiovisivo” non inferiore ai 450 milioni di euro annui, realizzabile attraverso un meccanismo di autofinanziamento della filiera produttiva. Ciò significa che gli introiti erariali dovrebbero derivare dalle attività di programmazione televisiva/cinematografica e dalla fornitura di servizi da parte delle imprese di telecomunicazione. Segue il potenziamento degli strumenti di sostegno finanziario (tax credit), controbilanciato da una sostanziale diminuzione della percentuale di contributi selettivi, fino a un massimo del 15%. Vi è inoltre la soppressione delle commissioni ministeriali, cui finora era deputato l’onere di stabilire la misura dei contributi alle imprese. Al quarto emendamento si riscontra l’intento di edificare nuove sale cinematografiche e centri culturali multifunzionali, oltre alla valorizzazione di quelli già esistenti. Il penultimo aspetto riguarda il riassestamento normativo dei principali settori e strumenti nel campo dell’audiovisivo, da applicarsi tramite l’impiego di deleghe legislative. Per finire, abbiamo una radicale messa a punto di ciò che attiene allo spettacolo dal vivo. Questo almeno quanto scritto sulla carta e comunicato alla Presidenza lo scorso marzo per divenire poi operativo a partire dal 2017.
Premettendo che una riorganizzazione del cinema e delle attività culturali è indispensabile, l’impianto stesso della riforma solleva annose questioni che penalizzano la produzione e la distribuzione cinematografica nel nostro Paese. Certo, rispetto alla situazione attuale, si prevede un incremento di 140 milioni di euro dei fondi da destinare al cinema. Dall’altro lato, tuttavia, i soggetti che possono appellarsi a queste risorse aumentano in modo esponenziale: tra questi abbiamo i produttori di cinema e tv, gli esercenti, le piccole e medie imprese.
In secondo luogo, le principali associazioni di cinema lamentano che tale disegno di legge colpirà gli autori dediti al cinema indipendente a favore di una produzione di natura commerciale. Questo perché Franceschini ha deciso che il sostegno automatico (pari all’85%) verrà assegnato alle imprese cinematografiche senza previa selezione, se non quella commisurata sugli incassi. In altre parole, un cinepanettone qualsiasi riceverà sovvenzioni per il semplice fatto che ottiene il tutto esaurito. Al contrario, le opere sperimentali e di qualità saranno ancora più invisibili sul grande schermo. Anche il tax credit interno sarà a uso esclusivo dei grossi gruppi imprenditoriali con fatturati che ammontano sui 40/50 milioni annui. Mentre le società che si aggirano intorno agli 8/10 milioni annui saranno escluse a prescindere, in quanto avranno il problema di controbilanciare il credito con le ridotte imposte a loro disposizione.
E proprio per comunicare tutto il malcontento provato verso le iniziative prese dal Governo Renzi e verso il DDL Franceschini in particolare, che lo scorso 7 maggio gli addetti ai lavori sono scesi in piazza a Roma. Magari un’altra riforma è ancora possibile.