D’Alia, nelle crisalidi scultura un incontro di solitudini

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Materiali industriali plasmati come fossero argilla. Giacche in disuso, biciclette, reti metalliche, cavi elettrici e altre mille facce o oggetti del quotidiano che, spesso, passano inosservati perché fanno parte di un macrocosmo scontato agli occhi di chi osserva. Ma se un artista, attraverso la sue sculture e installazioni, decide di portare alla luce microcosmi impercettibili, o molto probabilmente poco considerati, il gioco di attribuire un valore artistico alla realtà più semplice diventa un esercizio creativo non banale. La ricerca è il primo passo verso l’evoluzione artistica e il siciliano Paolo Roberto D’Alia con le sue opere post-moderne e le esposizioni che, tra le altre, lo hanno visto protagonista al Museo d’Arte Contemporanea San Rocco di Trapani e, lo scorso gennaio,all’interno del progetto “A.I. Artisanal Intelligence” di Altaroma, a cura di Clara Tosi Pamphili e Alessio de’ Navasques, produce arte da toccare, alla portata dello spettatore. Rompendo l’ancestrale distacco tra opera e osservatore e lasciando all’artista il compito di farsi interprete del cambiamento sociale.

In “Numero ideoneo di profeti minori”, installazione presentata negli spazi del San Rocco, D’Alia assorbe nella sua filosofia artistica il pubblico, che ne diventa pensatore partecipe. Stoffe, giacche e tessuti industriali vengono cuciti e imbottiti creando tra di loro un dialogo circolare dove l’io narrante, quello dell’artista, lascia libero arbitrio alle percezioni sensoriali del visitatore che ne può trarre una personale interpretazione legata però al fil rouge imbastito dallo scultore, che ha il suo perno nell’omologazione culturale che ci circonda. Già, perché nelle opere di Paolo Roberto D’Alia c’è l’assiduo tentativo artistico di capovolgere lo stereotipo della massificazione sociale, mediatica ed espressiva verso cui la contemporaneità conduce l’essere umano. Non è tanto l’intenzione di combatterla attraverso l’arte che colpisce, quanto piuttosto l’idea di raccontarne il mutamento progressivo in forme imprescindibili che fanno parte della realtà, offrendo validi spunti di riflessione.

Così come le crisalidi presentate ad Altaroma nella suggestiva installazione all’Ex Dogana  per il progetto “Body for The Dress” di A.I. Pronte a schiudersi, pur essendo immobili e ferme, nella raffinata ricerca di comprendere il rapporto tra l’abito e il corpo, in cui  linee, forme e volumi del primo si adattano al secondo, vestendolo. D’Alia presenta un groupage fatto di giacche cucite e riempite singolarmente,sovrapposte le une sulle altre. Ognuna mantiene però la propria individualità, pur creando con il resto una sola figura simbolica. Si chiama “Corto viaggio sentimentale di un nome innocuo” e nella grammatica artistica dello scultore palermitano, la costruzione di “sacchi” a metaforica sembianza dell’artista diventa narrazione visiva con cui raccontare stati d’animo.

Le opere di D’Alia sono solitudini che si incontrano e vivono in modo indipendente anche se assemblate in un’unica proiezione artistica. Mescolando alla tradizionale scuola scultorea che ha formato l’artista ad un’inquietante voglia di ribellione dal classicismo. Ciò che è brutto, attraverso un’attenta lettura, può trasformarsi in bello, non solo per una visione estetica contemporanea e scevra da archetipi da emulare, ma perchè l’oggetto artistico è privo di ipocrisie e orientato, nella dimensione che assume una volta realizzato, alla ricerca evolutiva del sé. Per farlo, la mano dello sculturore modifica stoffe e tessuti di non facile lavorazione. “La Crisalide vuole essere un omaggio a tutti gli esseri umani consapevoli dei loro costanti mutamenti, in continua lotta con i contesti sociali che li frenano o tentano di interromperli” -spiega D’Alia- “ha la funzione concreta di immagine narrante e rievocativa di un inarrestabile immotivato impulso”.