L’esempio di Sparkle e di Silvio

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La Leopolda 6 renziana si è chiusa tra le urla isteriche del gruppo di comando e le proteste di una folla ostile.

Di tutt’altro segno, la Leopolda 4 del 2013 che prometteva di non accanirsi più su cittadini vittime come gli esodati nel passato ed i derubati delle banche di oggi. All’epoca tra le promesse c’era la revisione della giustizia, definita dal non ancora premier “indegna di un paese civile” .

In quell’assise il protagonista evocato da Renzi che stava per scalare Pd e governo fu un Silvio, martire di processi ingiusti e di cacciata immotivata dal suo mondo causata dalla giustizia che non funziona. Si trattava di Scaglia, fondatore di Fastweb assolto nel processo che coinvolgeva anche Telecom Italia Sparkle, dopo un anno di carcerazione e arresto domiciliare preventivo e dopo un lungo periodo di criminalizzazione del settore tecnologico che aveva coinvolto anche il relativo vertice di Confindustria.

Si parlò allora di processi avviati per carriera, di istituzioni incapaci di comprendere l’economia, di responsabilità civile della giustizia. Si trascurò del tutto invece la coinvolta Telecom Italia Sparkle, l’ex Italcable, dell’AD Mazzitelli, anch’egli arrestato e poi assolto. La Sparkle all’avvio degli arresti shock era forse l’unico esempio di scorporo di ramo d’azienda riuscito ed a 5 anni dalla nascita costituiva il centro di tutte le attività internazionali del gruppo tlc principale italiano.

La vicenda giudiziaria di Sparkle si inserì nella seconda metà del decennio scorso in un contesto di cause e processi che toccarono diversi ambiti di Telecom, dal fisso al mobile ad appunto, l’internazionale, quando nei CdA piombavano i Grillo ed i Di Pietro a dare dell’incompetente al management del primo gruppo digitale italiano . Al contrario di quanto avveniva nella Fastweb di Scaglia e Parisi, non ci fu spirito di corpo tra gli attori interni, dal vertice ai sindacati. Anche dopo l’assoluzione, non ci furono parole pubbliche di scusa per gli ingiustamente accusati. Sembrarono prevalere i sentimenti autodistruttivi.

Oggi poco più di 300 lavoratori dell’azienda sono tornati a votare per il rinnovo dei rappresentanti sindacali dopo un lustro. Prima elezione di un giro di rinnovi che riguarda Vodafone, Rai e la stessa Telecom. interna. Non più al centro e con il personale dimezzato, messa in vendita fin dal 2010 dall’ex Ad Bernabè, Sparkle resta strategica per Telecom, l’Italia e l’Europa per quei 450 mila chilometri di cavi sottomarini su cui passano dati e telefonate di 500 operatori del mondo, la vera materia prima di Internet. Una presenza particolarmente strategica nel Mediterraneo e Medio Oriente.

C’è oggi molto più spirito aziendale nel Gruppo che tutti, dal management ai sindacati, cercano di concorrere a sviluppare nel difficile contesto del peso del regolatorio e dell’indifferenza di governo, presente nei Digital Day e nelle notti della net neutrality, ma assente nelle comunicazioni spagnola, francese e tedesca all’Europa sul Single Digital Market.

Nel decisivo Cda del 15 dicembre c’era anche l’1% degli azionisti dipendenti, dello stesso peso di quello della Cassa Depositi e Prestiti francese. Mancava invece la CdP di Costamagna che qualcuno aveva invitato ad investire in Sparkle sotto interesse cinese. Non si sono più visti i Grillo ed i Di Pietro, ma una più coesa azienda, ancora strategica per legge, ha visto l’arrivo di un azionariato francese molto determinato che si è imposto subito.

Sulla giustizia come sull’economia, le parole della Leopolda 4 sono risultate vane. Nell’incapacità di decidere, l’esempio di Sparkle  e Silvio, tardivamente appreso internamente, non ha insegnato nulla  alla politica.