Il Papa e Don Camillo…

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Peppone e Don Camillo

Papa Francesco rivolgendosi da Firenze alla Chiesa italiana ha invitato non solo i semplici sacerdoti ma anche i vescovi e cardinali presenti a guardare a Don Camillo, uomo di preghiera e, di conseguenza, vicino alla sua gente.  Il ritratto forse più completo, certamente più recente e aggiornato del personaggio scaturito dalla penna di Giovannino Guareschi, lo fornisce il giornalista Fulvio Fulvi nel volume “Il vero volto di Don Camillo”, edito dalle Edizioni Ares (pp. 200, euro 15) in collaborazione con Comune e Pro Loco di Brescello e la Fondazione paese di Don Camillo e Peppone, con la Prefazione di Tatti Sanguineti,  i contributi del Sindaco e del Parroco di Brescello, di Alberto Guareschi, Giancarlo Giannini, Pupi Avati, Paolo Cevoli.

Testo ricchissimo di spunti anche sulla figura del prete oggi, offre informazioni complete sulla predilezione che altri Pontefici nutrirono nei confronti del «santo» parroco del Mondo Piccolo. Ecco che il solo apparentemente austero Benedetto XVI ha confidato di concedersi diverse volte un tempo davanti alla Tv proprio per vedere e rivedere la saga di Don Camillo e Peppone. E il cardinale Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII, quando era nunzio apostolico a Parigi, fu pizzicato dal suo confessore mons. Scavizzi, all’aperto, seduto su delle scale, mentre rideva a crepapelle perché stava leggendo… Don Camillo. 

L’autore, Fulvio Fulvi, è giornalista professionista. Ha lavorato nelle redazioni dei quotidiani Il Messaggero, Il Centro, Il Mattino dell’Alto Adige e Avvenire; del settimanale Di Tutto e dei mensili Bell’Italia e Condé Nast Traveller. Collabora con diverse testate, occupandosi di spettacoli, cultura e viaggi. Ha pubblicato i volumi “Poliziotti senza paura: Stelvio Massi e il cinema d’azione” (2010), “Il desiderio nasce dallo sguardo. Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme” (2012), “Maurizio Merli. Il poliziotto ribelle” (2014). È coautore in volumi collettivi sui film di Don Siegel, sul nuovo polar francese, sulla serie televisiva degli anni ’70 “Qui Squadra mobile”.

In questo libro imperdibile ci regala uno spaccato di quel Mondo Piccolo che tanti hanno amato e amano ancora. Fernandel, ovvero Don Camillo. Don Camillo, sì, insomma, Fernandel…

Sull’identificazione tra attore e personaggio sono stati spesi fiumi di inchiostro, ma in questo caso realtà e finzione si sono come fuse in un’unica identità, difficilmente distinguibile. Eppure Fernand Joseph Désiré Contandin, questo il nome intero del protagonista del presente libro, è stato come uomo, marito e padre, ma anche come attore, molto altro rispetto al prete burbero ma santo che la saga guareschiana gli ha cucito addosso rendendo insieme imperitura la sua fama. Tutto comincia con il Don Camillo narrato da Giovannino Guareschi. Perché sono le sue storie che hanno disegnato il personaggio nella nostra immaginazione, ma è un solo attore che in cinque memorabili film ce l’ha reso vivo, teatrale, carnale, e anche simbolico come una moderna maschera della commedia dell’arte. Ma chi era veramente Fernandel? Francese, simpatico, bravo… e poi? E perché fu scelto proprio lui per questo ruolo di prete schietto, uno che ama il suo gregge, fuma il sigaro, sghignazza, mena le mani e, soprattutto, dialoga con Gesù crocifisso? I più «vecchi» se lo ricordano, oltre che nei panni del pretone guareschiano, in uno spot di Carosello in cui pubblicizzava con l’amico Cervi «un brandy che crea l’atmosfera». Ma pochi sanno della sua lunga carriera – più di 120 film all’attivo –, della famiglia a cui era molto legato, degli amici che frequentava, dei luoghi e del cibo del Midi che amava, della fede cattolica che aveva nutrito, con la semplicità propria del popolo, sin da piccolo nella sua parrocchia nel cuore di Marsiglia…

Va detto che Giovannino Guareschi è con  Carlo Collodi e “Avventure di Pinocchio: storia di un burattino” e Oriana Fallaci,  il  poeta e scrittore italiano più tradotto e venduto nel mondo. La critica nostrana lo ha per molto tempo osteggiato, sia quando era in vita che dopo la sua scomparsa. I suoi lettori lo hanno tuttavia da sempre amato, di generazione in generazione, tributandogli un successo senza fine. L’opera più nota di Guareschi sono proprio le storie del Mondo piccolo, dove sono narrate le avventure di Don Camillo e Peppone, conosciute in tutto il mondo anche attraverso la trasposizione cinematografica con protagonisti Fernandel e Gino Cervi.  Don Camillo e Peppone sono i personaggi che gli diedero la maggiore notorietà; con lo scrittore in vita furono stampati tre volumi: “Don Camillo” nel 1948, “Don Camillo e il suo gregge” nel 1953 e “Il compagno don Camillo” nel 1963, tutti preceduti da un “Mondo piccolo”, quasi a voler rimarcare, sottolineandola, l’atmosfera genuina e familiare, anche se rude e brusca, del piccolo mondo della “bassa”, con le sue atmosfere, il grande fiume, e “…nebbia densa e gelata che opprime d’inverno, e il sole, che picchia martellate in testa alla gente… in quella fettaccia di terra che sta fra il Po e l’Appennino…”.

E Guareschi in una ventina di anni scrisse trecentoquarantasette racconti con i due personaggi quali protagonisti, proposti soprattutto sul “Candido”, seguitissimo quindicinale umoristico, che furono poi raccolti e pubblicati postumi in vari volumi: “Don Camillo e i giovani d’oggi”, “Gente così”, “Lo spumarino pallido”, “Noi del boscaccio”, “L’anno di don Camillo”, “Il decimo clandestino”, “Ciao don Camillo”, ma soprattutto “Tutto don Camillo”, che in una lussuosissima edizione Rizzoli del 1998 racchiude tutti e trecentoquarantasette i racconti.

In seguito altri numerosissimi titoli sono stati pubblicati, anche a cura dei figli Alberto e Carlotta: ne ricordo soltanto altri tre “Giovannino nostro padre”, del 2009, a cura di Alberto e Carlotta Guareschi e i due volumi “La famiglia Guareschi” del 2010 e 2011, sempre curati dai figli e stampati ovviamente da Rizzoli. Tutto sommato, non è stato niente male l’utilizzo di sole “duecento parole”, come lo stesso Guareschi diceva di utilizzare per scrivere i suoi racconti per gli affezionati “ventitré lettori”.

Perseveriamo noi i ventiquattesimi in questo mondo sempre più senza etica né morale.