A vederlo nell’empireo dei filosofi qualcuno forse storcerà il naso. Ma tant’è: Ludwig Klages (Hannover 1872 – Zurigo 1956), pensatore è stato eccome, non ostante la formazione eterogenea e l’anti-accademismo. È noto per aver fondato la Società tedesca di grafologia nel 1896, con uno scultore e uno psichiatra, ma la sua opera ha ottenuto riconoscimenti e popolarità internazionali solo con l’affermarsi della Gestalttheorie. Klages è insomma un esponente del pensiero “altro”, uno che ha seguito “percorsi euristici e argomentativi del tutto alternativi e innovativi”, spiega Davide Di Maio nell’introduzione a Espressione e creatività di Ludwig Klages, proposto per la prima volta in traduzione italiana da Christian Marinotti Edizioni (pp. 200, € 22). Forse sarebbe più corretto chiamarlo psicologo, sicuramente grafologo, poiché tale scienza fu a ben vedere fondata proprio da lui, ma sarebbe a dir poco riduttivo. Per essere esatti e a volerlo ad ogni costo definire, Klages fu un caratterologo che, partendo da una concezione filosofica di stampo vitalistico, in cui l’anima è l’insieme delle attività istintive e Geist, lo spirito, quello delle attività razionali, ha proposto una teoria del carattere dell’essere umano facendone opera di classificazione e descrizioni precise. In questo libro tuttavia, la parte centrale è occupata dalla scienza dell’espressione, più che dalla grafologia e Klages, da filosofo maiuscolo, di essa traccia una vera e propria fenomenologia. La sua è una metafisica dell’essenza e gli guadagna il diritto di essere annoverato tra i grandi pensatori dell’Ottocento. A suo tempo, con la critica dello scientismo e più in particolare della teoria darwiniana, si era posto al di fuori e al di sopra delle mode correnti. Ora i tempi per capirlo e accettarlo sono finalmente maturi. Nella speranza che, dopo questo libro e i soli altri tre apparsi in italiano (uno dei quali nel lontano 1940), veda la luce la pubblicazione della sua opera omnia.
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