“Oltre l’uomo e la donna” di de Benoist. Un tentativo di eversione

0
Alain De Benoist

Alain De Benoist«La differenza dei sessi non è un semplice dato della natura. Non si nasce maschio o femmina». Di primo acchito, leggendo questa frase anche il più radicale tra gli scettici abbozzerebbe una smorfia o un accenno di risata. Se a pronunciarla è invece un sociologo tra i più celebrati dell’ École Normale Supérieure di Parigi, la fucina della crème de la crème degli intellò, occorrerebbe farsi seri e riflettere, soprattutto se il professore in questione, Eric Fassin, conclude così:« Questo è il punto di partenza di ogni riflessione sul gender». Se fino ad oggi dunque bastava guardarsi tra le gambe per accettare la propria natura, ora dalle cattedre dei gender studies ci dicono che non è vero: maschio e femmina sono costruzioni culturali e che definirsi uomo o donna è estremamente illusorio e pericoloso.

In difesa del buonsenso e con l’intenzione di rovesciare gli assiomi della gender theory, il francese Alain de Benoist, sociologo di spicco e animatore del movimento Nouvelle Droite, sbarca in Italia con un saggio formato pamphlet dal nome “Oltre l’uomo e la donna” – il primo da noi a trattare l’argomento – edito dalla neonata casa editrice Circolo Proudhon (Oltre l’uomo e la donna, Circolo Proudhon Edizioni, pp. 57,  6 euro ).

Nelle prime pagine del saggio, lo scrittore fa risalire la genesi della théorie du genre, avvenuta nel corso degli anni ’90, allo sviluppo di un particolare tipo di femminismo, il femminismo egualitario, che sosteneva la necessità di una completa identificazione tra uomo e donna affinché venisse eliminata qualsivoglia disuguaglianza di genere: un progetto che aveva come obiettivo non la difesa e la promozione del “femminile”, ma la completa indistinguibilità tra il maschio e la femmina, a livello culturale, sociale e infine naturale. «La differenza» scrive De Benoist, «è quindi considerata inseparabile dalla dominazione o dalla gerarchia, mentre l’uguaglianza è sinonimo di equivalenza o di identità. (…) Di conseguenza, non si tratta di liberarsi del “patriarcato” e della dominazione maschile, e neppure degli uomini, bensì del sesso in quanto tale».

Il sesso biologico, dunque, deve essere eliminato in quanto frammento di un’ancestrale dominazione dell’uomo sulla donna attraverso la presa di coscienza della totale dissociazione tra il genere e il sesso biologico. Ma, spiega lo scrittore d’Oltralpe, l’ideologia gender commette due errori fondamentali: il primo è credere che il sesso non conti alcunché nella creazione dell’identità sessuale e della personalità mentre solamente la cultura, l’educazione e le convenzioni sociali siano in grado di determinare la costruzione del genere; il secondo errore consiste invece nell’identificare tout court il genere con le preferenze sessuali e la “bisessualità psichica”, ossia «il grado di mascolinità e femminilità presenti in ognuno di noi».  Il problema, in effetti, è a monte: come è possibile parlare di orientamenti sessuali, che siano etero, omo o bisessuali, se non supponiamo l’esistenza di almeno due sessi? I sessi sono due, gli orientamenti molteplici. Seppur banale, questa affermazione sottolinea l’assurdità dell’ideologia di genere quando postula l’esistenza di numerosi generi o sessi e la possibilità di passare da un’identità sessuale ad un’altra, scavalcando in questo modo una norma e un desiderio che sono conseguenti ad una fisiologia ben strutturata.

La molteplicità degli orientamenti sessuali, per de Benoist, «non causa l’annullamento dei sessi biologici e non ne aumenta neppure il numero», ma anzi giustifica l’esistenza di due corpi diversamente sessuati. Supporre che ognuno di noi prima di essere uomo o donna sia un essere umano “neutro” –  stando alla teoria della femminista Judith Butler – , è una palese falsità, dal momento che già ben prima della nascita, nel feto, l’appartenenza al sesso appare ben marcata dalla presenza di ormoni sessuali che agiscono sull’ipotalamo, determinando così l’organizzazione dei circuiti neuronali del cervello da cui scaturiscono le differenze fisiologiche, biochimiche e comportamentali.

«L’aspirazione alla “de-differenziazone”» conclude Alain de Benoist, « tradisce un egualitarismo ideologico che confonde l’uguaglianza con l’identicità. La sua colpa più grande consiste nel ridurre l’Altro all’Identico». Categoria, quest’ultima, che dissolve una dialettica che è stata propria dell’umanità sin dalla notte dei tempi e che ha avuto un peso fondamentale in tutte le società. Il genere rappresenta la maniera in cui le culture hanno assegnato i ruoli maschili e femminili in funzione di una bipolarità dei sessi da cui non si poteva sfuggire. Ciò che questa ideologia vuole farci credere è l’inesistenza di una connessione tra le due identità e che tutto ciò che normalmente viene considerato come maschile o femminile può essere interpretato alla luce di un “genere” disconnesso dal sesso biologico. Andare “oltre l’uomo e la donna” è il sogno di una post-modernità post-sessuale «dove non essendo riusciti a creare una società senza classi, ci si accontenterà di una società senza sessi. Un sogno di indistinzione, un sogno di morte».