Il Cav. tra un Matteo e l’altro

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Fino a poco tempo fa sarebbe stato incredibile che il grande fascinatore finisse vittima delle sue stesse arti. Aveva ammaliato Craxi e i partiti moderati convincendoli dell’identità tra libertà e Tv privata; il Sud con la promessa di una nuova Cassa del Mezzogiorno e milioni di persone, già disgustate dai partiti, grazie al mito dell’imprenditore di successo.

Aveva convinto due volte i leghisti,  tratti fuori dai guai economici, della coincidenza di interessi tra piccola e grande industria; i postfascisti che la rinuncia alle radici valesse il dono della sua eredità; gli americani, andati in visibilio per l’interventista miliardario di Arcore, praticamente, uno di loro ed i russi sostenuti coraggiosamente al momento meno opportuno. Aveva fascinato il fascinabile, non connesso o legato per motivi di sussistenza al mondo pubblico e cooperativo. Poi gli stranieri, ultimi conquistati, sono stati  i primi a rivolgersigli contro. Aggiungendosi al permanente baccanale giudiziario, culturale, burocratico e istituzionale.

Si era così fermato, per la terza volta, l’ultimo premier eletto dal popolo in elezioni normali. Stavolta, è sembrato per sempre, con misure eccezionali, degne di Sant’Elena e delle dittature militari, dalla cacciata retroattiva dal Parlamento ai servizi sociali imposti, misure salutate con trionfo da un terzo del popolo e dal 90% dei direttori dei giornali, dei burocrati, delle grandi rappresentanze, delle istituzioni europee e nostrane.

Tre anni dopo, Berlusconi, l’Eletto è tornato a comiziare. Nel tempo trascorso sotto la crisi, solo il suo clan ha resistito, senza abbandonare il Paese, alla decadenza industriale italiana, dall’editoria alla TV alle reti broadcasting e banding. Invece il suo centro destra si è perso lungo la via Lattea tra esigenze e poltrone nel governo centrale ed in quelli regionali. Gli ex oppositori democratici, per far funzionare le cose, applicano il programma scritto (e non scritto) del Cavaliere dimezzato. Chi protestava, applaude.

Il seduttore fascinatore si è trovato improvvisamente al centro del corteggiamento tra Salvini e Renzi. Un Matteo, nordista, ingrassatosi di voti a spese sue, smorza il no all’euro di fronte all’anziano Maradona forzista mentre destri e leghisti condividono nell’intimo le accuse all’ex grande corruttore. Dall’altra parte, il Matteo di governo manda tutti i messaggi possibili e immaginabili; ripristina l’idea del Ponte sullo Stretto e la casa detassata mentre i suoi fidi su sicurezza e centri sociali coccolano i direttori de Il Giornale e Libero.

Berlusconi, non abituato ad essere oggetto di desiderio, tentenna tra un discorso una gaffe freudiana. In fondo, premierà colui che lo lascerà, di fronte alla storia, vittima del complotto mondiale. Per Renzi, Roma val bene una targa. Ed è pronto a inauguare Largo Berlusconi – Statista, alla notizia del suo ritiro.