La ‘ndrangheta, il sangue. E l’amore…

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Cover Gioacchino Criaco
Gioacchino Criaco, Il saltozoppo, Feltrinelli, 2015

Un’epidemia sta per abbattersi sull’Aspromonte. Sangue, viscere e vendette sono ciò che scatenerà la peste tra le famiglie Dominici e Therrime. Odi ancestrali, amori combattuti, le storie dei figli del Drago e dei figli dei Lupi, tutte queste fila si intrecceranno nel nuovo romanzo di Gioacchino Criaco, Il saltozoppo edito da Feltrinelli, uscito in questi giorni. Protagonista assoluta sarà per la prima volta una donna, Agnese Therrime, che tenterà di cambiare il destino del suo innamorato e il suo. Un destino che sembra irreversibile e macchiato del loro sangue. Sarà questa donna che dietro le quinte tesserà e filerà le trame che porteranno all’epilogo di questa storia. Un romanzo che si legge tutto d’un fiato ma che per essere compreso ha bisogno di uno sguardo profondo, necessita di uno sforzo non banale per capire i meccanismi che tenta di raccontare.
Criaco è conosciuto dal grande pubblico per Anime Nere, il libro da cui è stato tratto l’omonimo film strappa-premi di Francesco Munzi. L’autore calabrese in questo romanzo torna ad indagare le anime perdute, figlie di miseria e scelte sbagliate. Cattivi, cuori oscuri, è a loro che l’autore presta la sua penna. “Anche loro hanno storie, emozioni e una voce che il mondo deve sentire per capire”, ne è convinto Criaco. Non lo hanno fatto desistere le polemiche e l’essere stato definito l’anti-Saviano, neanche l’etichetta di Anti-Gomorra affibbiata al suo Anime Nere lo ha fatto vacillare.
Il saltozoppo è la prova che lui non teme polemiche e impopolarità, non vuole dare conforto ai lettori. Gli vuole mostrare gli angoli più bui degli animi inquieti dei lupi d’Aspromonte. Non c’è miele per i lettoril né moralismi ammiccanti. Criaco non giudica o commenta, racconta un mondo contraddittorio, fatto di malandrini e di criminali di razza.

Sai che continui a correre il rischio di non essere capito?

Criaco: Lo so. C’è stata molta difficoltà a capire, perché io in fondo do voce ai cattivi. Non è che lo faccio per giustificarli, lo faccio perché secondo me è molto più interessante per capire il male sentire i protagonisti del male anziché descriverli da una finestra o da una cattedra.

Quindi sfatiamo il mito che Criaco difenda la ‘ndrangheta…

C: Sì assolutamente. Per capire meglio le cose bisogna sentire gli attori principali, chi le cose le ha fatte. Ed è chiaro che il protagonista tende a  giustificarsi, ma questo non coincide con un giustificazionismo mio. Io non descrivo e non denuncio, entro nell’anima dei protagonisti del male e racconto le loro storie.

Non è del tutto vero che non denunci. Con la frase “ Voi non ci siete mai stati quando il bene svanisce, arrivate sempre dopo a chiedere conto del male” detta da Julien al giudice, denunci e come l’assenza dello Stato…

C: Sì, ma non è una mia denuncia. È un grido di dolore che proviene da quelle persone. Questi sono elementi che anch’io ho scoperto dopo lavorando sui personaggi.

Gioacchino_Criacoweb
Gioacchino Criaco

Come fai a dire che è il grido di quelle persone? Sai cosa pensano personaggi come Julien?

C: Io non ho mai giocato a fare l’anima bella. Ho sempre detto che provengo dalla Locride, sono nato ad Africo, in Aspromonte. Le persone che “intervisto” sono stati miei compagni di giochi e a scuola. Io sono nato in quel mondo, di me si fidano, con me parlano e io posso raccontare le loro storie. Non ero a Oxford e non avevo per compagni collegiali in giacca blu. Penso che la colpa delle proprie azioni sia sempre personale, però non c’è un difetto genetico. Credo che il male sia un fatto sociale determinato dalle condizioni ambientali in cui si vive, con moltissima colpa personale, ma anche con una mancanza di interventi appropriati da parte di una società che si dice civile.

Cosa dovrebbe fare questa società civile

C: Questa società civile dovrebbe innanzitutto conoscerlo quel mondo, profondamente. Spesso vogliamo che sia un mondo distante da noi, che il male sia una cosa altra rispetto a noi. Così quel mondo lo chiudiamo in un angolo e ci consoliamo pensando che noi siamo i buoni e quelli sono i cattivi. Che non c’è niente da fare, bisogna soltanto combatterli. In realtà è necessario capirli, aiutare un mondo marginale ad entrare in un mondo normale.

È un mondo ostico per chi non c’è nato. Julien il tuo nuovo personaggio ne è una dimostrazione. Quando dice: “Mi sono fatto vent’anni di galera per mafia, e la cosa che odio ti più al mondo è la ‘ndrangheta”, sembra una cosa assurda…

C: È difficile capirlo ma non è una contraddizione. La Calabria è una società complessa e lo è anche la criminalità organizzata. Spesso si semplifica e si identifica ogni criminale calabrese come appartenente alla ‘ndrangheta, questo è un grande errore.

Cioè?

C: C’è una parte di criminalità che pur facendo le stesse cose che fa la malavita organizzata, non si riconosce nella ‘ndrangheta. Anzi addirittura nasce come spinta di contrapposizione alla mafia.

Però rubano, rapinano, ammazzano…

C: Sì, ma non è ‘ndrangheta. Se a uno di questi criminali dici che fa parte della ‘ndrangheta si offende.

Sono convinti di essere i difensori del popolo, dei giustizieri?

C: C’è un tentativo di far passare quel fenomeno come qualcosa di epico, come una discendenza di giustizieri nati per difendere il popolo. Ma sostanzialmente è un inganno. È un inganno nel caso della storia delle triadi come lo è nel caso della ‘ndrangheta. Per far breccia nei popoli queste organizzazioni si dovevano ammantare di sacri principi e quindi si dovevano fingere difensori del popolo, anche se in realtà erano i peggiori traditori di quei popoli. Lavoravano per il potere costituito.

Julien in realtà è un giustiziere, un mafioso, o non lo sa bene neanche lui?

C: È un personaggio molto ambiguo. Lui non è mafioso, anzi giustifica tutto ciò che fa per questa sua contrapposizione alla mafia. Nella realtà secondo me è vittima di tutto un mondo valoriale che gli è stato inculcato. Cioè è prigioniero di quel mondo e non riesce ad uscirne.

È prigioniero dei racconti del nonno, del racconto epico…

C: Dei racconti del nonno che erano quelli del bisnonno e del suo antenato. Si sente l’epigono di una stirpe guerriera che deve combattere il male ma che in realtà è prigioniero di un cliché. È carnefice ma è anche vittima del mondo in cui è cresciuto.

A salvarlo da se stesso e dalla sua guerra arriva Agnese…

C: Lei è la mia protagonista. È lei che più di Dio e del Fato cerca di cambiare le cose.

Che ruolo hanno le donne nel Saltozoppo?

C: Sono le artefici del destino dei loro uomini, intervengono con pazienza e con un lavoro secolare per mutare il destino dei loro uomini. Le donne spesso sono più fondamentali degli uomini, nel bene e nel male. In senso negativo quando si fanno custodi dell’odio e in senso positivo quando cercano di dissipare i rancori, ma sempre agendo sui loro uomini. Il loro non è mai un ruolo passivo, anche nella vita vera.

Se per i personaggi maschili ti puoi avvalere ai tuoi cattivi ragazzi, come hai elaborato i personaggi femminili del tuo romanzo?

C: Devo ringraziare le due editor Laura Cerutti e Giovanna Salvia, sono state fondamentali con la loro sensibilità da donne per aiutarmi a far crescere il carattere di Agnese e delle donne del libro. Sono state ovviamente fondamentali negli otto mesi in cui abbiamo costruito tutto il libro. 

Con Agnese arriva l’amore anche in questo tuo lavoro. Come con Zefira mi vuoi far credere che questo in realtà non è un romanzo di ‘ndrangheta ma un romanzo d’amore?

C: Le mie in realtà non sono mai delle storie di ‘ndrangheta, sono il racconto di storie di rapporti sentimentali estremi. Possono essere rapporti di amicizia, ad esempio nel caso di Anime Nere, d’amore, come in Zefira tra la Orsini e l’ispettore Manti, e un rapporto d’amore assoluto in quest’ultimo lavoro tra Julien e Agnese. Il mio mondo letterario gravita sempre intorno alle passioni e alle emozioni.

Quasi a sottolineare che stiamo sempre parlando di uomini e non con bestie?

C: L’errore che a volte è voluto è quello di considerare certi soggetti come degli animali giudicandoli per quello che hanno fatto, che in alcuni casi può essere da bestie. Invece va ricordato che sono uomini nati come gli altri e che poi c’è stato qualcosa che ha cambiato il corso delle loro vite.

In chiusura passiamo a te. Hai tradito il tuo Sud, la tua Africo e ti sei trasferito al Nord. Eri anche stato elogiato per essere uno degli scrittori che parlando di ‘ndrangheta rimanendo a vivere in Calabria. E adesso questo colpo basso…

C: È stata una scelta obbligata. Devo riconoscere a malincuore che la Calabria in questo momento non offre neanche ad una persona come me il modo di trovare le risorse economiche per vivere. Quindi mi sono dovuto spostare, cioè io vado fuori per trovare le risorse per tornare nella mia montagna e ricostruirmi la mia casa.

Già, il sogno di ricostruire Africo Antica e l’ostello per gli scrittori…

C: Il mio centro resta sempre lì. Ritrovare l’Aspromonte come risorsa che ci permetta di vivere così com’è stato per i nostri antenati. Purtroppo c’è una situazione di potentati locali politici ed economici che ancora incombono sulla Calabria e tu puoi essere bravo quando vuoi ma in Calabria non trovi le risorse per vivere.