Simon Armitage, punk rocker e poeta laureato

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Simon Armitage
Simon Armitage

Un dark-punk-rocker che è anche un poeta laureato, anzi uno dei più grandi poeti europei contemporanei. Parliamo di Simon Armitage. Inglese del West Yorkshire, 52 anni, ex guardia di detenuti in libertà vigilata. Una decina di raccolte pubblicate (da “Zoom”, del 1989 a “Paper Aeroplanes” del 2014), uno scatafascio di premi vinti, fino alla nomina-unzione di qualche mese fa: professore di poesia a Oxford. In Italia le sue “Poesie” sono state pubblicate da Mondadori, nella collana Lo Specchio, per la traduzione di Luca Guernieri. Ma non è solo poesia. Armitage ha pubblicato anche due romanzi, è un autore televisivo e radiofonico ricercato (per esempio dalla Bbc), ed è perfino il cantante del gruppo rock Scaremongers, con cui una decina di anni fa ha realizzato un paio di Cd e vari videoclip. Figura insolita, per tanti versi impensabile in italia. Un poeta con i crismi di un canone estetico alto (tra i suoi antecedenti ci sono Ted Hughes, W.H. Auden, Philip Larkin) cattedra universitaria inclusa, un autore tv, un cantante rock sull’impronta e sullo spleen degli Smiths. Lo abbiamo trovato domenica a Pordenonelegge a colloquio con Franco Buffoni. E’ stata l’occasione per una chiacchierata con Il Giornale.

Carmina non dant panem, e invece lei con la poesia ci mangia. Ed è un personaggio popolare. Come ha fatto?

Ho scritto poesie sul pane, ma usando melodie che la gente può fischiettare al bagno…

La poesia è fori moda? O è un genere letterario sintetico, “concentrato”, adatto ai tempi veloci?

Diciamo che è un’onesta alternativa al futile, al “globale”, al pervasivo, al generico…

Una ribellione allo Spirito del tempo…

Chiunque cerca di cavalcare una bestia chiamata Zeitgeist cade regolarmente dalla sella. Meglio lasciar stare.

Cosa ha dato il punk rock a un ragazzetto che si scopre una fertilità poetica?

Punk e poesia sono state vie di fuga. L’alternativa sarebbe stata prendere a calci un pallone contro un muro e ascoltare l’eco. E confesso che l’ho fatto.

Ha lavorato come custode di detenuti in libertà vigilata all’inizio, cosa le ha insegnato quest’esperienza?

Non so. Ricordo la luna che sembrava atterrare. Tutto sembrava possibile. Anche i mortali potevano visitare il Paradiso…Ma ho imparato da tutto: dai libri, dalle bocche, dalla Bbc. Che a rifletterci è una sorta di università gratuita.

Vorremmo poter dire lo stesso della Rai. Lei con la Bbc ha realizzato documentari di successo. Come si porta la cultura in televisione?

Usandola in modo sparso: stile colpisci e scappa

E’ sempre legatissimo al suo paese d’origine, nello Yorkshire, abita ancora lì…

Il mio vocabolario nasce dal mio paesaggio. E’ un posto che si trova in alto. Ho respirato molte nuvole crescendo lassù, penso mi abbia drogato per sempre…

Giuseppe Marotta, napoletano, scrisse: “Dio ci parlerà in dialetto”. Che ne pensa?

Credo voglia appunto dire che la voce di Dio avrà il nostro vocabolario. Suona bene. O magari vuol dire che Dio è uno delle nostre parti: viene dalla terra, non dalla polis. Un paesano, per esempio, di Marsden, nello Yorkshire…

Lei è pure laureato in geografia e non in letteratura…

Ho amato le carte geografiche molto prima di amare la poesia. C’è un fortissimo elemento di cartografia nel mio lavoro poetico.

Anni fa ha anche fatto un viaggio a piedi, senza un penny in tasca, pagando i bed and breakfast con delle letture poetiche. Si considera un trovatore? Un poeta itinerante?

I trovatori mi piacciono perché hanno messo la loro arte in discussione, per strada. Si sono messi in una condizione di vulnerabilità, e hanno incontrato il mondo faccia a faccia.

Ha tirato fuori dei radiodrammi dall’Iliade e dall’Odissea. Cerca le origini, oltre che geografiche, anche storiche? Perché la fascinazione per i classici?

Certo! Cerco origini e antenati. E’ bello andare in cerca del passato, degli archetipi. E poi i diritti sui classici sono scaduti da un po’, che non guasta.

Quando fu eletto professore di poesia a Oxford i sostenitori dell’altro candidato, Wole Soyinka, dissero che chi aveva scelto lei era una “stupida vecchia scoreggia”. Vuole rassicurare il pubblico che non è così?

Ma non c’è bisogno di rassicurazioni riguardo alla poesia. Figuriamoci cosa può importare al pubblico…

La poesia Poodles (Barboncini) era una satira feroce contro Tony Blair, che lei considerava il barboncino di George Bush. Poesia politica?

Non tutti hanno colto la sfumatura. Ma quello tra poesia e politica è un bilanciamento delicato. Vacci leggero e nessuno se ne accorge. Calca la mano, e, giustamente, il pubblico ti ignora…