Se ci sono due cose che non fanno difetto a Vittorio Sgarbi sono l’arte e la follia. Radunate insieme costituiscono un connubio perfetto, soprattutto per una mostra che indaga i percorsi di due folli come Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi, le cui opere spiccano radunate negli spazi del Labirinto di Fontanellato, nelle campagne di Parma, costruzione immaginifica di un altro folle chicchissimo della cultura italiana che risponde al nome di Franco Maria Ricci.
Sul tema Arte&follia, Sgarbi ha idee chiarissime: “L’arte è una fuga dalla follia – ma è la follia a indirizzare quella fuga”. E se deve spiegare gli artisti più folli della storia (quelli che sono diventati vere icone) ha una sua particolare idea: “Modigliani, Van Gogh, Ligabue non appartenevano a gruppi. Il loro valore estetico è sostenuto da una biografia avventurosa, da una vita da film. Questo ha permesso loro di emergere come feroci individualità”. Nello specifico: “Intorno a Ligabue è nata una leggenda e questo gli ha permesso di emergere, pur restando un pittore isolato. Fu Marino Mazzacurati a raccontare, a Roma, di un pittore che viveva lungo le sponde del fiume, come una bestia. Il suo racconto stimolò la curiosità di Cesare Zavattini, che diede avvio al mito di Ligabue. Dietro a lui, Mario De Michelis e Davide Lajolo, che vedevano nel pittore pazzo, che gridava e dipingeva cose pazzesche, una specie di buon selvaggio”.
La mostra “Arte e Follia. Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi”, organizzata da Augusto Agosta Tota (presidente del Centro Studi & Archivio Antonio Ligabue di Parma), si snoda in un percorso che si compone di 30 capolavori di Antonio Ligabue e 50 di Pietro Ghizzardi, di cui 9 inediti; ecco dunque Ligabue e Ghizzardi che raccontano insieme se stessi e la loro vicenda individuale, illustrano il loro personalissimo mondo creativo, unici nel loro genere, contemporanei nel limite ristretto di una topografia padana di pianura inventata e riscritta dal lavoro dell’uomo. Entrambi hanno conosciuto la marginalità sociale, le difficoltà dell’esclusione e della povertà, la modestia di una formazione e di un bagaglio culturale che li obbligava a cercare in se stessi i motivi per un’iconografia che ricostruisse il loro mondo fantastico, permettesse loro di comunicare con gli altri e raccontare le emozioni più profonde ed autentiche. Entrambi hanno quindi creato un linguaggio artistico assolutamente personale, al di là e al di fuori di scuole, maestri e modelli: una affabulazione delle metafore della loro esistenza, dei loro sogni e dei loro desideri. Entrambi hanno raggiunto vette di altissimo livello, maestri geniali dell’arte del XX secolo.
“Ligabue dipinge tigri e leoni mai visti – spiega Sgarbi – che sono i suoi autoritratti rabbiosi, e poi animali domestici. E decine di autoritratti veri che sono il diario del rapporto con se stessi, con il proprio volto. Nei suoi quadri senti il bramito delle tigri, che hanno il correlativo industriale nella moto Gilera che Ligabue si compra per fare il duro. Ma quella motocicletta resta un animale, un cavallo da domare”. Pietro Ghizzardi invece è una scoperta: “Come Modigliani, Ghizzardi è ossessionato dalla stessa forma. Ghizzardi raffigura il trasporto erotico inesprimibile e inappagato, fa sentire il desiderio e il tormento, vagheggia la bellezza femminile dentro una ragnatela di forme”.
________
>Arte e Follia. Antonio Ligabue, Pietro Ghizzardi
a cura di Vittorio Sgarbi
organizzata da Augusto Agosta Tota
Labirinto Della Masone, Fontanellato (Pr)
fino 31 Ottobre 2015
Orari: tutti i giorni dalle 10 alle ore 19; chiuso martedì
La mostra è documentata da un catalogo edito da Franco Maria Ricci con testi di Vittorio Sgarbi, Marzio Dall’Acqua, Pascal Bonafoux e Gianfranco Marchesi.
Il Labirinto, racchiuso da fittissime siepi di bambù, copre 7 ettari e circonda edifici che ospitano la galleria delle collezioni Ricci, un grande bookshop, caffè e ristorante, la biblioteca bodoniana, l’archivio della casa editrice e sale per molteplici iniziative.