Per addentrarsi nella vastità, nella selva oscura dell’opera dantesca, Alessandro Haber sceglie quella “confidenza di bambino”. La citazione è di Borges, che verrà letto a Ravenna il 18 settembre in una promettente performance di Mimmo Paladino, da un’idea di Sergio Risaliti, e che ci svelerà in una maniera nuova e suggestiva il potere della Commedia, anche attraverso la lettura dei saggi danteschi del grande autore argentino.
A Buenos Aires, tra il 1938 e il’45, Borges va in ospedale per una fastidiosa setticemia e si avvicina a Dante Alighieri, lo legge nella versione originale:” Se conosco qualcosa di italiano è quello che mi insegnò Dante.” La Commedia ribattezzata divina da Boccaccio, è per Borges l’apice della letteratura mondiale. È l’elemento dell’io dantesco che compie il suo viaggio ultraterreno, alla ricerca della salvezza e della propria identità ad affascinare lo scrittore. Borges sostiene che è proprio nel limite, nella struttura ferrea che si può annidare la felicità creativa.
Ma Dante va letto anche con un’allegria scanzonata, libera e contemporanea, propria dell’irregolarità interpretativa di Alessandro Haber:” Non conoscevo a fondo Dante, quella mia e di Paladino sarà un’installazione visiva, dove io darò il mio apporto. Tutti pensano all’intensità, alla forza della Commedia. Per me è anche molto tenera. Prendo il primo canto del Purgatorio: ” dolce color d’oriental zaffiro” Senti che meraviglia!” Per un momento dimenticatevi di guelfi e ghibellini, la scolastica dizione, le allusioni mitologiche, ma bisogna entrare nel racconto e attraverso la declamazione, l’accentazione (non a caso si chiamano Canti) bisogna preparare il terreno al soprannaturale.
Dante oltre ad essere l’autore è anche personaggio con tutte le debolezze e contraddizioni umane: una sottile invidia lo pervade quando racconta di Paolo e Francesca: loro si sono amati, lui dovrà aspettare l’incontro con Beatrice in Paradiso. E che dire di Ulisse? Si spinse oltre i limiti della conoscenza consentita. E il viaggio dantesco per Borges è ancora più trasgressivo, perché la follia non è il viaggio, ma il suo racconto. Nel terzo gruppo di saggi Borges mette in relazione la Commedia e Ulisse con il capitano Achab di Moby Dick. Il viaggio dell’io di Dante è viaggio alchemico, di trasformazione, dal peccato alla salvezza e tutto “può essere contenuto nel più piccolo dei frammenti. Tutto sta in tutte le parti e ogni cosa in tutte le cose”. Gioco di specchi continuo dunque, come in teatro.