Ormai non passa giorno che Roma Capitale e il suo sindaco non siano al centro della cronaca, in un inesorabile declino che solo lo spauracchio di nuove elezioni tende a dilazionare.
E’ dei giorni scorsi l’esito dell’indagine per valutare le infiltrazioni mafiose sulla città e la sua gestione, ora all’attenzione del governo per decidere sull’eventuale scioglimento del Consiglio comunale di Roma. Un vero vulnus in vista della candidatura per le Olimpiadi del 2024 e soprattutto dell’imminente Giubileo, in cui manca ancora un piano per accogliere i previsti 5 milioni di pellegrini.
All’interno della commissione che ha condotto le indagini, i pareri sono stati discordanti, anche se il loro esito è ugualmente un verdetto: un sindaco e una giunta ancora più fragili, come testimoniano una serie di dimissioni più o meno recenti, tra cui quella del vicesindaco.
Ignaro Marino appare “inconsapevole”, “oggettivamente inerme” e “privo della reale percezione del pericolo”. Un Forrest Gump che, aiutato dalla sua assoluta estraneità a Roma e al suo sistema malato di relazioni, non se ne lascia travolgere. Ma gli epitaffi “ambiguo”, “equivoco”, “comportamenti passibili di doppia interpretazione” fotografano una stagione politica da dimenticare.
Il condizionamento mafioso non è stato intaccato dal cambio di amministrazione, anche se sono emersi casuali segnali di discontinuità. Non scelte dettate da una consapevole volontà di contrastare l’illegittimità e il malaffare, quanto comportamenti ispirati agli ordinari parametri di legalità cui dovrebbe normalmente uniformarsi l’azione amministrativa. A questo punto, sono diverse le soluzioni al vaglio: lo scioglimento dell’intero consiglio o di alcuni municipi (come quello di Ostia), l’annullamento di numerose determine che riguardano le municipalizzate, il commissariamento di cinque dipartimenti (Verde, Sociale, Patrimonio, Scuola e Lavori Pubblici), la rimozione di una ventina tra dirigenti e funzionari pubblici collusi, tra cui il segretario generale del comune che anticipa la misura dimettendosi.
Se l’attenzione dei media è focalizzata sulla questione della legalità, in città aleggia la sensazione strisciante di un sistema sull’orlo del collasso. Roma è un problema politico, una modalità di gestione anomala e parallela al potere ufficiale, un’ombra che si sostituisce all’immobilismo dell’amministrazione e che, a suo modo, “commissaria” un sistema entrato in crisi facendo uso privato e speculativo delle risorse pubbliche.
E’ da mesi che assistiamo al commissariamento della città: partiti, poteri capitolini, accoglienza e integrazione, verde pubblico, cultura, musei come il Palazzo delle Esposizioni, teatri come il Valle e i teatri di cintura, cinema come l’America e il Rialto, storiche sale teatrali e cinematografiche che stentano a sopravvivere.
La latitanza politica è totale, come la mancanza di una qualsiasi visione e progettualità sul presente e sul futuro che amplificano disuguaglianze e corruzione. Perché è proprio nel “Mondo di Mezzo” tra pubblica amministrazione e imprenditori privati che la malavita trova terreno fertile e la società civile arretra.
Caro Sindaco, “Provi a connettere i due neuroni che ha e a farli funzionare… ” come Lei stesso suggerisce a chi la critica per la gestione delle capitale.
Vogliamo tornare ad essere cittadini del “Mondo di Sopra”…