Cevoli: l’Italia di adesso? Come quella della Grande Guerra

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soldato semplicePaolo Cevoli, classe 1958, è un personaggio con una storia speciale.  Il buffo e improbabile assessore romagnolo che abbiamo conosciuto a Zelig nell’ormai lontano 2002 ha cambiato pelle diverse volte.  Figlio di una famiglia di albergatori e laureato in Giurisprudenza, Cevoli fino a 44 anni, ha lavorato  come manager. Nel 2002 ha debuttato, quasi per caso, nella trasmissione televisiva Zelig (l’assessore romagnolo di cui si parlava all’inizio), finché, nel 2005, ha abbandonato il suo lavoro “vero” per dedicarsi esclusivamente al teatro e alla televisione. Alla passione artistica non si comanda.

Soldato Semplice è il suo debutto alla regia. È il 1917 e siamo nel pieno della Grande Guerra. Gino Montanari è un maestro elementare romagnolo, ateo, anti-interventista e donnaiolo. A causa delle sue idee ed i comportamenti libertini, viene costretto dal preside ad arruolarsi volontario nonostante l’età della leva abbondantemente superata. Arrivato al fronte viene destinato ad un piccolo avamposto in Valtellina come eliografista: il suo compito è trasmettere segnali morse con la luce del sole. Gino non ha nessuna esperienza di montagna e di vita militare; i primi incontri con i suoi compagni e con il Tenente sono all’insegna delle vessazioni e delle prese in giro. La guerra passa in secondo piano e lascia il ruolo da protagonista ad un intreccio di vite umane che mettono in scena le  tipicità dell’Italia di quegli anni. Il protagonista si trova a convivere con ragazzi che provengono da tutte le parti d’Italia tra cui un ragazzo del ‘99 di Capri, analfabeta, che gli farà da assistente. Raccontare cose “serie” e positive facendo ridere è la passione e la caratteristica di Paolo Cevoli.

Soldato Semplice è un film particolare con una meravigliosa fotografia, una recitazione asciutta. Ottimo debutto alla regia. Sig. Cevoli ci parli di questa sua nuova impresa

Il film doveva essere uno spettacolo teatrale. Doveva far parte di un ciclo di spettacoli che faccio per il teatro dove interpreto personaggi minori in un contesto storico importante, come quando portai in scena la storia del cameriere di Rossini, la storia del cuoco dell’Ultima cena e adesso sto facendo la controfigura di Mussolini. Poi un mio amico, Marco Preti, alpinista documentarista un giorno mi disse “Perché non fai il film?” ed eccomi qui. Il patacca che fa il film.

Siamo nel 1917, la Grande Guerra, e Soldato Semplice è stata la storia dei tanti giovani italiani che partirono per il fronte…

La domanda che mi sono posto è stata: “cosa abbiamo noi italiani che ci unisce e che ci differenzia dagli altri?” E la risposta è stata immediata. Siamo un popolo generoso con una grande capacità di leggerezza e autoironia, caratteristiche che forse gli altri popoli non hanno davvero. La grande commedia all’italiana aveva proprio questa caratteristica di raccontare la guerra, la fame, la miseria accompagnandolo con quel aspetto comico e buffo che è propriamente di noi italiani.

La Grande Guerra ieri e il crollo degli ideali, dell’unità, e dei valori, oggi. Mi potrebbe tracciare un suo pensiero in merito?

Mio nonno, che aveva vent’anni durante la grande guerra, faceva l’eliografista e ricordo quando mi diceva della grande confusione che si viveva in quel tempo. Fui colpito dal racconto della paura delle armi segrete, dei gas, eccetera. Ecco, quello era un periodo di grande confusione in cui l’Italia non aveva ancora una sua identità, e con Caporetto si è toccato il fondo: da lì si poteva solo ripartire.  Caporetto più che una ritirata è stata una disfatta. Ecco cercando di tracciare una linea posso dire che forse ciò che ci accomuna a ieri è sempre la confusione e mancanza di coscienza collettiva nazionale, come popolo.

Come vive lei l’Italia oggi?

Siamo un paese e popolo pieno di risorse. Dalle realtà delle piccole imprese a quella dei Comuni noi abbiamo una capacità di interpretare la vita con ironia che altri non hanno. Ecco l’anima critica del film è questo austriaco che dice “voi avete sperperato il patrimonio dei vostri padri che era l’impero, noi siamo figli di un impero, quello austriaco, e voi non fate altro che lamentarvi” e a quel punto il mio personaggio si ribella rispondendo che “noi abbiamo qualcosa che voi non avete, non so bene neanch’io cos’è ma noi ce l’abbiamo e voi no!”.

L’Italia è un paese in cui investire?

Io ho due figli, uno di 24 anni e l’altro di 26, che hanno viaggiato, fatto stage e ora sono ritornati perché io credo che viviamo nel paese più bello del mondo e credo che il mondo ha bisogno dell’Italia.  Siamo un paese giovane dal punto di vista politico e il nostro passato sotto questo profilo è quasi assente. Siamo un paese in cui si deve investire e si può crescere. Siamo ancora dei bimbi che devono imparare a crescere insieme.

Soldato semplice è l’uomo bambino che va in guerra ma in realtà non sa cosa realmente lo sta aspettando.

Esattamente. È la storia di tutti noi.

I suoi prossimi impegni?

Ad ottobre debutterò in teatro con lo spettacolo in cui interpreto il garzone di Michelangelo Buonarroti e mi piace molto il progetto perché è ambientato nel Rinascimento.

In soldato semplice lei è interprete e regista, in quale veste si trova meglio?

Guardi, la vita mi ha spesso sorpreso. All’età di 44 anni ho abbandonato tutto per intraprendere questa strada artistica che non garantiva e sono passato casualmente dal palco di Zelig ieri fino a questo film oggi. Ecco, mi sento come un bambino che deve crescere e questo fanciullino che mi pascolo dentro è la mia sintesi spirituale.