
Più il tempo passa e più Giancarlo Marinelli si conferma uno dei ragisti-drammaturghi più sensibili e interessanti della sua generazione. Questo accade in Doppio Sogno di Arthur Schnitzler di per sé un racconto tutt’altro che fantastico, come è stato più volte erroneamente giudicato.
Perché non si tratta di due sogni contenporaneamente agiti dal medico Fridolin e da sua moglie Micol, ma di due percorsi diversi che solo alla fine trovano un punto di convergenza. La novità dell’adattamento è duplice. In parte agisce la crisi individuale di Fridolin il quale ha perso la figlia bambina mentre consolato dalla madre (Ivana Monti) si aggira disperato per le vie di una Vienna nevosa e irriconoscibile.
Il suo appare un sogno realistico del tutto diverso dal sogno in cui è totalmente immersa la moglie Micol (Caterina Marino). Mentre in realtà due coniugi, nel loro percorso onirico, mescolano sensazioni e personaggi che hanno incontrato in precedenza nella loro vita cosciente. Lei con un misterioso danese, lui con una ragazza appena intravista sul bagnasciuga di una spiaggia alla moda.
Mentre nel racconto di Schnitzler tutto è agito in prima persona, qui tutto ha un’importanza allegorica. A cominciare dall’amico pianista, che sollecita l’interesse di Fridolin verso una villa misteriosa dove avvengono strani rituali, che non si risolvono, come si potrebbe immaginare, in un’ orgia, ma nel contatto con una strana donna che lo induce ad abbandonare quel luogo misterioso.
I personaggi del racconto danno l’impressione di essere delle carte da gioco scompagnate che appaiono e scompaiono a scompaginare gli eventi. Anche perché nello spettacolo tutto appare e scompare come un fantastico caleidoscopio in continuo movimento. E’ come se il contrasto famigliare prendesse il sopravvento mescolando spezzoni di realtà all’immaginario onirico, eliminando le razionalità degli eventi che si intersicano in questo delirio che non ha né inizio né fine.
Tra luci espressioniste che ricordano l’atmosfera kafkiana del Processo questo spettacolo ha l’andamento surreale di un vero processo alla psiche. Qualcosa che si puo’ vedere ma non controllare, scorgere ma non fermare nella sua corsa ad ostacoli. Di cui sono interpreti Ruben Rigillo, protagonista di eclettica formazione, e tutti gli altri, in primis Rosario Coppolino, artefice e animatore di questa splendida danza di fantasmi.
Fino al sedici aprile a Roma al Teatro Quirino