Cinema: con le defiscalizzazioni torna Hollywood in Italia

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Il tax credit serve all’industria cinematografica italiana, attira di nuovo gli investimenti di Hollywood e delle produzioni straniere nel nostro paese (56 film per circa 160 milioni di euro investiti nel 2014), sviluppa un’economia incrementale di alto profilo e aiuta, di conseguenza, anche gli autori stessi a essere più liberi. Ci sono voluti anni perché queste semplici verità risultassero chiare a tutti.

La proposta iniziale delle prime leve fiscali, ideata e sviluppata dal centro destra ai tempi del ministro Urbani e poi dal ministro Bondi, è bene ricordarlo, suscitò invece più di un malumore. Lo Stato preferisce disinvestire, dissero alcuni addetti ai lavori. E’ inutile adottare leve fiscali, argomentarono, se l’industria sta morendo. Per farla rinascere, strillarono sotto il ministero, è importante che vengano aumentati i finanziamenti a fondo perduto per i progetti cinematografici di cani e porci. Vabbè, non dissero proprio “cani e porci”, ma l’idea era quella. Quanti pensosi convegni e articoli grevi ci siamo dovuti ingoiare su questi temi.

Si tratta, per fortuna, di un retaggio del passato. Adesso però sarebbe bello che anche gli autori, soprattutto gli autori, si levassero per dire che si erano sbagliati. L’industria cinematografica assistita e supportata economicamente al tempo dei finanziamenti a pioggia, sono le statistiche storiche a dirlo, stava morendo. La creatività fine a sé stessa si era annodata intorno all’idea di una sorta di diritto “sacro e inviolabile”. L’accesso al denaro pubblico, era questa l’idea, doveva essere garantito a “cani e porci” (vabbè, ho capito, non dicevano così, uffa, dopo correggo).

Adesso la rivoluzione delle leve fiscali ha cambiato le regole del gioco e ha restituito all’industria culturale un posizionamento sano, produttivo e strategico all’interno della economia nazionale, nell’interesse di tutti, autori compresi.