FaBIO MAcagnino e il potere dell’antifolk

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Fabio Macagnino (foto Mario Varano)

Non saltabecca da genere a genere e non confonde le acque. Fabio Macagnino, ha le idee chiare:  «Preferisco praticare una sana ricerca su quei passepartout che in qualche modo mi consentono di dialogare in maniera diversa. Mi piace distillare il dialetto, intrecciandolo con citazioni in francese, in inglese e in tedesco – fino a costruire una melodia».

I testi del musicista calabrese disegnano una galassia carica di un’identità contemporanea non relegata al tropicalismo del Sud, ma orientata verso un’aperta ricchezza espressiva che, come un esclusivo vanto, gli permette di muoversi e creare senza regole e convenzioni: «Cosmopolitana Mama, il brano che dà il titolo al mio secondo album, è composto da parole inventate, apparentemente prive di significato». Il risultato non è surreale e sfuocato, ma evidenzia e ribadisce il concetto-chiave dell’artista: «Il regionalismo critico è una sintesi fra le nuove esigenze. Le lingue sono vive e si trasformano continuamente; tutte le culture dovrebbero contaminarsi, non restare prigioniere delle forme consolidate».

Nonostante faccia parte della scena musicale popolare calabrese, Macagnino ha eleborato uno stile cantautorale distante dai dettami del folk: «Non mi piace la retorica dell’appartenenza. La mia calabresità non è ancorata nel mare dei fastidiosi localismi, ma si irrobustisce di cultura europea». Un rigurgito anti-folk? «Sì, decisamente. Il folk rimanda agli insopportabili neo-etnicismi. L’anti-folk ci permette di accordare il Genius loci all’international style. Credo sia un atteggiamento evolutivo.

Il globalismo omologa, il localismo emargina, il cosmopolitismo, invece, mette a confronto le culture per liberarle dal déjà vu bucolico e rurale. Fra i testi poetici e il sound mediterraneo, non mancano gli accenni alla cronaca contemporanea: «In Siricu (proveniente dalla Siria in dialetto calabrese ndr) racconto proprio la tipica traversata densa di paure e speranze dei migranti che sbarcano in cerca di fortuna».

Fabio Macagnino, però, non coltiva illusioni riguardo al potere della musica: «Non può cambiare la società, ma accompagnarci in un viaggio, risvegliarci dal torpore e farci lottare contro il nichilismo imperante. Credo, però, alla forza dell’anti-folk ché mette il bastone fra le ruote ai politici e ai faccendieri dediti alla costruzione delle loro carriere. Noi anti-folk, va detto, siamo moscerini fastidiosi».