Roma Capitale, mannaia sulla cultura: fondi ridotti del 27 per cento

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E’ di questi giorni la notizia che Roma Capitale, a causa delle ristrettezze del bilancio 2015, ridurrà del 27% il budget destinato alla cultura, confermando il trend negativo dell’ultimo biennio della giunta Marino (a Roma si ironizza su James Bond futuro sindaco, viste le doti taumaturgiche che le riprese del film hanno avuto sulla città).  

Quello di Roma è l’emblema di un fenomeno dilagante. Basti pensare a quanto accaduto il 20 febbraio alla biblioteca degli Uffizi a Firenze, rimasta chiusa per carenza di organico o a importanti realtà dello spettacolo che, a causa del definanziamento degli enti locali, navigano in cattive acque. E tutto questo a fronte delle periodiche doglianze sulla caduta dei consumi culturali, sui fenomeni di analfabetismo funzionale tra giovani e meno giovani, sugli atti di vandalismo verso il patrimonio, sullo scarso interesse degli italiani per gli investimenti in cultura, sui nostri restauratori costretti ad andare all’estero per mancanza di lavoro.

Sembra di assistere alla sceneggiatura di un B movie horror, la cui trama, contesto, personaggi e colonna sonora fanno immediatamente presagire come si concluderà il film; l’unica vera suspance resta la modalità e il tempo necessario al mostro di turno per portare a termine il massacro.

La Valle dei Templi, Agrigento
La Valle dei Templi, Agrigento

Una sensazione analoga si avverte osservando il governo delle politiche culturali in Italia. Gli spettatori avvezzi al genere, sanno già che tagliare i finanziamenti, rinunciare allo sviluppo, ignorare innovazione e talenti, ridurre le politiche culturali a eventi e inaugurazioni, condurrà il sistema culturale al disastro o, per rimanere alla nostra similitudine, allo stato di zombi.

Lasciare che all’interno delle nostre città chiudano sale teatrali e cinematografiche storiche, rendere lecite le occupazioni illegali dei luoghi di cultura, favorire il rafforzamento di monopoli e di posizioni dominanti, lasciare nell’incuria le ricchezze archeologiche non aiuta la fabbrica dei sogni, ed equivale a consegnare il personaggio della trama del film tra le braccia del mostro. A meno che il nostro protagonista, finalmente eroe per una notte, si introduca nell’inquietante cimitero ed elimini il male, rigenerando la crescita e la valorizzazione dell’architettura culturale e creativa del nostro Paese.

Gli anni di precariato, di tagli indiscriminati alla cultura, di clientelismi e finanziamenti a pioggia, di cattiva burocrazia, di commistione tra pubblico e privato, di scelte professionalmente inappropriate di direttori e manager, di cattiva gestione, di impossibilità  della scuola di educare alla bellezza delle arti, hanno un qualcosa di sinistro e di suicida.

Ultimo tassello di uno scenario inquietante è l’allarme per una probabile decisione dell’Unione Europea di tagliare 200 milioni di fondi comunitari 2014-2020 destinati alla promozione e conservazione del patrimonio culturale della Sicilia, dimostratasi incapace di spendere le analoghe risorse europee stanziate fra il 2007 e il 2013. E pensare che proprio il Sud del nostro Paese potrebbe alimentare attraverso il patrimonio materiale la propria economia e contrastare la disoccupazione.

TotòTruffa
TotòTruffa

Privati del loro patrimonio di cultura e d’arte, i cittadini italiani continuano a comportarsi come vittime predestinate e consenzienti di una storia horror: l’Italia colonizzata dalla globalizzazione.

Nel Paese povero e devastato del dopoguerra si entrava gratis nei musei e negli altri grandi luoghi d’arte e quando Totò voleva far sorridere inventava lo sketch della vendita della Fontana di Trevi. Oggi non c’è più niente su cui ridere: stiamo svendendo la nostra identità e con essa la nostra storia ed il futuro delle nuove generazioni, una svalutazione assai peggiore di quella monetaria.

Per salvare il nostro patrimonio culturale, dovremmo scegliere altri sceneggiatori e registi, o più semplicemente cambiare genere di film. Che ne dite del neorealismo o della fantascienza?