“Amodio”, a Sud del bildungsroman

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Maurizio Fiorino, Amodio, Gallucci 2014

«Amodio Costa è un adolescente dall’apparenza forte ma in realtà è un’anima fragile, come Armando e Vincenzina, gli altri due protagonisti. L’adolescenza è un trauma e uscirne illesi è dura, ma è anche un periodo magico: il primo bacio, la prima cotta, le lettere d’amore. Ho cercato di ricreare quei pomeriggi in cui da bambini diventavamo uomini, e mi auguro che quella magia delle prime volte spicchi il volo, e senza protezioni e senza paure, arrivi nel cuore di tutte le persone che leggeranno il libro» così, con profondo orgoglio e pathos, Maurizio Fiorino, giovane fotografo crotonese che ha profuso la sua arte in vari angoli del mondo, racconta la sua prima creatura editoriale.
Amodio (Gallucci pp. 176, 16,50 euro): omosessualità, prostituzione, malaffare, discriminazione. Componenti nocive di una società retrograda, impigliata in secolari retaggi culturali, in cui però due giovani temerari riescono ad annientare il muro invalicabile di pregiudizi, lasciando trionfare la forza del proprio amore contrastato, afferrando con fermezza l’agognata opportunità di emancipazione e riscatto sociale.

144 pagine, attraverso le quali l’autore con ironia e lucidità dona al lettore l’istantanea di una Calabria inferma dai toni contrastanti, nella quale si scorgono le sfumature dei colori dell’arcobaleno che diffondono il piacere della diversità. «Dopo aver vissuto tanto tempo in America, è proprio a Crotone, sdraiato sul parquet della mia adolescenza, che ho scritto “Amodio”. Per me, l’Italia è la base di partenza, dalla quale posso spiccare il volo. Non faccio nulla per mascherare la mia italianità o anche solo il mio accento calabrese. Sono fiero delle mie radici, tutto ciò che ho costruito finora l’ho fatto valorizzando innanzitutto il Sud che ho dentro» aggiunge Fiorino, descrivendo la Calabria come una terra maledetta, dalla quale bisogna andarsene se si vuole crescere, una terra che si ama e si odia.

Un romanzo dolceamaro che, seppur non autobiografico, nelle sue pagine è intriso di sentimenti dell’autore: legame indissolubile con le proprie radici, dedizione per abitudini e luoghi consueti della propria vita, amore incondizionato che valica ogni ostacolo e discriminazione. Amodio, “un groviglio di riccioli neri, poeticamente pasoliniani, che gli scendevano fieri e liberi sugli occhi”, è un promettente pugile che quotidianamente fa a pugni con la sua famiglia di ‘ndranghetisti, un personaggio avvenente come un Dio quanto controverso, concepito dal giovane autore in un pomeriggio uggioso dell’autunno 2011.

mauriziofiorino“Mi rifugiai nel Metropolitan Museum di New York, avventurandomi tra le statue, pervaso da uno spirito di irrequietezza mista a un’inspiegabile eccitazione. Mi commossi dinanzi alla copia romana del Diadumeno di Policleto: era lì, immobile da secoli, ma splendeva di un’energia che solo un capolavoro può emanare. In quell’istante, fu come se mi fosse esploso il cuore, e promisi a me stesso che semmai un giorno fossi riuscito a ricreare qualcosa che fosse lontanamente simile alla disarmante bellezza di cui era intrisa quella statua, allora sarei stato un uomo felice. Così, è stato concepito il mio Amodio Costa, con la noia, la pioggia e la bellezza dell’arte»: con tale intensità emotiva Fiorino descrive il momento catartico che ha dato vita al suo romanzo d’esordio.

Catarsi che auspica anche per la sua terra martoriata da nefandezze: «Bisogna avere il coraggio di schierarsi, dire con fermezza “io non ci sto”. Smettere di pensare che sia la ‘ndrangheta l’unico fattore di arretratezza sociale. Nel romanzo parlo di mafia, ma l’ho usata come alibi. Avevo bisogno di una parola forte, che racchiudesse tutto ciò che è sbagliato in Calabria. Bisognerebbe valorizzare il patrimonio artistico, le bellezze tenute nascoste o maltrattate, vittime dell’ignoranza. L’arte è verità, come la vita, e alla fine trionfa sempre. Non c’è mafia o omertà che tengano» conclude, rischiarando le ombre della sua terra con il lustro della speranza.