Le Croci senza Crocifisso di Giuliano Ravazzini

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croce 8Partiamo dalla panspermia. Una teoria scientifica che si occupa della proliferazione della vita sulla Terra, iniziata con l’arrivo di embrioni e il loro sviluppo implicito. Cosa c’entri tutto questo con l’arte è oscuro a tanti. Ma non di certo all’artista Giuliano Ravazzini, che ha immaginato l’opera d’arte come un piccolo universo siderale e buio, pronto a generare la vita che, come sulla terra, inizia con un gesto creatore ad opera della mano dell’uomo.
Difficile definirlo artista. Perché Ravazzini, dopo una formazione accademica, si è allontanato dalla tradizione ed è volato verso lidi ancora tutti da esplorare. Avvezzo alle contaminazioni, il suo lavoro procede per progetti, più che per fasi. Dal video alla fotografia, passando attraverso la scultura e la pittura, per sconfinare nell’editoria. Alcuni dei quali di grande rilevanza intellettuale: Hortus per il Parco fluviale del fiume Secchia, Omphalos per la Galleria degli Antichi di Sabbioneta, Carmina Dant Panem per Capalbio , e Dimore Bestiali: un’indagine sugli habitat degli animali, costruiti dall’uomo e modificati dalla corporeità degli animali stessi.


«In un mondo in cui si fa sempre più labile il confine tra umano e non umano-ha affermato Giuliano Ravazzini-ci si accorge dell’esistenza degli animali, specie quelli domestici, confinati a vivere in spazi abitativi attigui a quelli dell’uomo. I loro ricoveri sono progettati od improvvisati secondo l’antica logica della sopravvivenza e la moderna estetica del recupero». Nel 2008 poi l’artista concepisce una delle sue elaborazioni più entusiasmanti: Stauros, dove Ravazzini tratta il tema assai difficile della croce, con maturità e sicurezza manifestando una poliedrica conoscenza dei mezzi espressivi. Quaranta croci e una raccolta grafica di quaranta tavole raffiguranti i simboli della croce secondo una concezione primordiale della rappresentazione. Un’opera che segna la tappa di un iter esplorativo sul tema della croce da tempo intrapreso dall’artista e concretizzatosi in una mostra realizzata in prima nazionale per il Palazzo Ducale di Sabbioneta, con il patrocinio della Regione Lombardia.

TERRA croceLe croci di Giuliano Ravazzini, con la forza della loro semplicità, hanno il merito di porci di fronte alla potenza di questo simbolo elementare. Croci che non portano un corpo appeso, ma che narrano il peso del tempo. Croci spoglie, croci senza un crocifisso. Le diverse forme di croci ripropongono alcune delle tante realizzazioni che la tradizione ha elaborato nel corso del tempo: croce latina, croce greca, croce decussata o di San’Andrea, a forma di X. Ciò che importa è che queste sculture a tutto tondo, indipendentemente dal loro materiale di realizzazione, richiedono all’osservatore-fruitore un lavoro interiore assolutamente indispensabile.
Occorre osservarle nel silenzio e ascoltare un messaggio, quindi di compiere un’attività ermeneutica. Da quel centro che la croce rappresenta, siamo condotti al nostro centro, al nostro cuore. Siamo invitati ad andare verso la luce o verso il suo opposto, il buio. Nel nostro mondo pieno di immagini e privo di simboli, le opere di Ravazzini ci pongono una domanda. E ci consentono di discernere il non-essenziale di cui viviamo, dall’essenziale e dagli idoli. Le sue croci sono un invito al silenzio e all’ascolto. Alla molteplicità dei segni corrispondono una molteplicità di simboli per cui la croce è: asse del mondo, albero della vita, scala del Paradiso, cielo, terra, cerchio, quadrato e punti cardinale.