Un Occidente da morti di cene e di figa

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houellebecq

E’ un bel romanzo pop in stile Houellebecq con tutti gli ingredienti della cucina Houellebecq. Un protagonista “senza qualità” che fa il morto nel vezzoso pantano d’ Occidente, l’aridità della volontà, le scene di intercorsi amorosi sul cavernoso (nel senso di corpi cavernosi), le diagnosi sociologiche di un grande romanziere-essayist : studi, statistiche. E, di fondo, il sentimento lovecraftiano (Michel Houellebecq è un mai guarito ammiratore dello scrittore di Providence) dell’Orrore Cosmico, ma riportato all’immanenza dei conflitti sociali, un grande Cthulhu pronto a fagocitare il mondo.

Sottomissione, Bompiani 2015
Sottomissione, Bompiani 2015

In Sottomissione (Bompiani pp. 265, 17,50 euro) il grande Cthulhu si chiama Islam. L’aspetto distopico del libro, quello apparso più vivido che mai con la delirante mattanza Charlie Hebdo, è nell’ ascesa politica di un musulmano, Mohammad Ben Abbes, moderato solo in apparenza, ma pronto a penetrare legittimamente nelle istituzioni, a prendersi l’Occidente, ad allargare l’Unione Europea al Maghreb. A fare della Sorbona (la Sorbona!) un posto per “ritornati” all’Islam. A trasformare la Francia da culla della laicità razionalista in covile di pedagogia da Shari’a. Prima ricaduta sociale: niente più shorts e tette in mostra per le vie, solo chador e niqab. 

L’argomento, la congiuntura storica, le coincidenze (appunto il massacro all’ Hebdo) hanno fatto sì che molti prendessero questo libro per un attendibile trattato politico sul cosiddetto “scontro di civiltà”, che lo leggessero in continuità con Oriana Fallaci o Bat Ye ‘or (entrambe usarono il concetto di “Eurabia”, per raccontare l’espansione dell’Islam in Europa). Anche perché, dopo l’ attacco di Parigi, le posizioni di teorici, filosofi, sociologi “veri” erano e sono allineate su quelle post undici settembre 2001. In quattordici anni idee politiche-geoloplitiche-sociologiche-filosofiche zero, o quasi. Il romanzo di Houellebecq cade a fagiolo. Colma la lacuna di analisi politica con la distopia. Anche se un personaggio come Ben Abbes sembra un po’ troppo superuomo (il suo modello è l’imperatore Augusto: avercene!), anche se la presa del potere avviene abbastanza incredibilmente in poche settimane, anche se le reazioni degli altri paesi vengono solo accennate. Ma, appunto, è un romanzo. Credibile fatta salva la sospensione dell’incredulità, mica come adaequatio rei et intellectus.

E allora forse vale la pena dare retta al versante più letterario della questione: smettere di leggere Houellebecq come uno scenarista geopolitico e farne il cronista lirico-borghese della dissoluzione che sempre fu. Ateo stanco, Nietzsceano, pessimista, e, sembra di capire libro dopo libro, sempre più sfastidiato dalla democrazia (in Francia pubblica con Flammarion, in Italia sarebbe fermo con una casa editrice di estrema destra, di quelle da 3 copie e mezzo), Houellebecq recupera Huysmans (il suo protagonista è appunto uno studioso dell’autore di A Rebours) per denunciare la 4.567.699 sima volta la fine dell’Occidente. La disidratazione della cultura marxista che confluisce in un liberalismo solo più ipocrita e imbelle. La perdita di anima, oltre che di forme, di quella cattolica: il protagonista, Francois, prova a tornare al cattolicesimo come Huysmans, ma non ci riesce, trovandolo niccianamente “troppo femminile”.

Alla fine l’unica esperienza nella quale l’uomo occidentale sembra trovare un po’ se non di senso di sollievo, è quella ugualitaria delle cene in compagnia, e questo spiegherebbe secondo l’autore il dilagare delle trasmissioni di cucina. Invecchiare socialmente con le carezze viscerali dei tartufi e delle mousse. La talvolata come massima espressione di democrazia, l’impiattamento come non plus ultra di stile & cultura, il prodotto bio come ricerca dell’archetipo. E col conforto del sesso, per un po’, in quanto affettività rappresentata. Insomma, ecco a voi un bel romanzo pop in stile Houellebecq. Meno crudele di altri suoi (vedi alla voce Piattaforma), ma con tutti gli ingredienti della cucina Houellebecq. Che dice al lettore “Tu es foutu”. 

2 Commenti

  1. Come diceva Qualcuno una volta e riferendosi agli italiani : Popolo di panciafichisti.

    vivo in francia , il giudizio in parte si può estendere anche ai francesi ma questi non avrebbero mai accettato un capo del governo non eletto (nel caso Francia un capo dello Stato) non per niente hanno fatto 3 rivoluzioni ed il 68 , mentre da noi è tutta una pagliacciata tragica.

  2. Ma basta, ma smettiamola.
    Ateo stanco, Nietzsceano, pessimista è solo colui che ha avuto da sempre la vita troppo facile e francamente di codesto dandismo da salotto borghese non sappiamo che farcene. Testi inutili e poi che p..lle questa continua lagna della teste d’uovo. Questi sono i frutti di mali antichi: già un Catone denunciava il cancro autodistruttivo del lassismo. Nulla di nuovo sotto il sole.
    Da questa ignavia si esce solo rispondendo personalmente di ogni cosa che si fa e si sostiene, avendo il coraggio di pagare personalmente.
    E cominciamo a darci un taglio anche con questa sciocca esaltazione della cucina. Non c’è nulla di onorevole nel riempirsi il ventre, i cuochi non sono degli eroi e noi italiani in particolare non abbiamo alcun interesse a caratterizzarci come dei gestori di trattoria. Abbiamo saputo fare di meglio.

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