Andiamo al cinema, ma su internet (con buona pace dei cinefili)

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Ormai il cinema è presente su Internet quanto nelle sale. Lo streaming (film e serie Tv viste su tablet, computer, telefono evoluto) negli Usa sta superando la fruizione tradizionale. Nel 2018 incasserà 17 miliardi di dollari contro i 12,5 delle sale e gli 8 dell’home video. In Europa va peggio perché il cinema on line non è neanche contabilizzato; metà del pubblico si scarica o guarda on line ciò che vuole, illegalmente senza pagare. Come dire che a fronte di 90 milioni di biglietti venduti al cinema in Italia, ce ne sono altri 90 invisibili. Per i quali, di fatto, esiste già l’offerta video on demand che con gli operatori (Netflix o Hulu) spopola negli Usa e che si appresta a sbarcare nel vecchio continente.

Gli ambienti ufficiali dell’audiovideo europeo non sembrano comprendere il trend. Non interessa loro che la tendenza del consumo sia individuale, svincolato da orari e da materialità, oltre sale, supporti video, cassette, Cd, Dvd, Blue-ray. Solo flussi digitali in rete di film, serial, video on demand e trasmissioni Tv. A un recente convegno presso l’augusta sede dell’ambasciata francese, gli immancabili sospiri di dolore per i Charlie’s si sono allargati all’angoscia per le minacce che sovrastano le sale cinema la cui chiusura rappresenterebbe “una ferita insanabile”, la perdita di un “esperienza insostituibile per lo spettatore”, il venir meno, soprattutto nei centri storici, della “base delle politiche socio-economiche della comunità”.

Piuttosto che difendere ad oltranza l’esclusività della fruizione off line dei film, tanto varrebbe inglobare le sale cinema nelle istituzioni scolastiche. In realtà, nulla più che considerare Internet il nemico del cinema aiuta la pirateria. Le agenzie regolatorie hanno vietato, in pratica, sia in Italia che in Francia lo streaming on line sapendo di non potere applicare i divieti se non al prezzo di insostenibili repressioni della libertà sulla rete.

AUMENTANO I TERABYTE DIMINUISCONO GLI INCASSI
Così si è creata una situazione paradossale. Vola il numero di film prodotti (1.300 in Europa, 163 in Italia) e i terabyte di consumo video on line, ma calano sale e incassi. Volano i finanziamenti europei (2 miliardi di euro l’anno) e i programmi ad hoc (Europa Creativa da 110 milioni l’anno e Eurimages con 20 milioni per le coproduzioni) ma solo 120 titoli vendono fuori dal vecchio continente, alcuni neppure fuori dal paese d’origine. Dominano invece 240 film americani sugli 800 prodotti. Solo Hollywood riesce nel miracolo di farsi pagare dagli europei su Internet, gran parte dell’incasso degli oltre 2 miliardi di euro di video on demand. Calano di un quarto gli investimenti privati, scesi in Italia a 358 milioni e si pensa che dipenda dalla modernizzazione delle sale cinema che sono state digitalizzate con grande sforzo al 75%. In un lustro la quota dei film Usa è cresciuta dal 59 al 68,8% a svantaggio di quella europea scesa dal 20,7 al 15,4%. Nell’Unione le sale offrono il 75% di titoli europei che fanno il 30% dell’incasso.

cinema 3d anni Cinquanta
cinema 3d anni Cinquanta

Sembra che film e cinephile europei non riescano a incontrarsi. Ogni paese vorrebbe un consumatore su misura, legato alle proprie regole fiscali, politiche culturali. La Francia sostiene le sale con 65 milioni di euro ed altri 20 per quelle d’essai. Tiene l’Iva al 5,5% (quella dei generi di prima necessità), i prezzi a 4 euro per i minorenni. L’Italia aiuta i produttori con circa 150 milioni tra gli 82 del Fus, i 53 del credito d’imposta, i 5 di i tax credit e i 7 regionali. I consumatori invece sanno che esiste da qualche parte un enorme database di titoli cinema e tv; vogliono vederseli quando vogliono senza didattica o regole di buona convivenza. Non vogliono preservare le sale come monumenti o attendere la notte per il passaggio Tv di film magari degli anni ’50-’80. Il cinema europeo ha paura di Internet che invece ne moltiplica la forza. A patto che sia prodotto per il mondo, disponibile subito su varie piattaforme, pret a consumer sul territorio, anche in ambienti piccoli e personalizzati.

Con buona pace della fine della dittatura del film d’autore.