Tedeschi, L’uomo che amava le donne

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“Le gambe delle donne sono come dei compassi che misurano il globo terrestre in tutti i sensi, dandogli il suo equilibrio e la sua armonia”. Così misurava il mondo Bertrand Morane, il protagonista de L’uomo che amava le donne di François Truffaut. Prendendo in prestito lo stesso titolo, lo spettacolo con Corrado Tedeschi, diretto da Luca Cairati e Cristiano Roccamo, vuole traghettare lo spettatore in un viaggio nei meandri dell’amore, coinvolgendolo direttamente. Partendo dalla riflessione sul rapporto amore e morte insita in questa pellicola del ’77, l’attore toscano veste le sembianze del tombeur de femme, a volte rievoca situazioni del film e spesso mette in atto il gioco di seduzione della scatola magica del teatro.
Ma la partita è a due, in un continuo dialogo con il pubblico, se questo venisse meno, infatti, L’uomo che amava le donne non avrebbe la stessa forza scenica. Tedeschi è bravo nel vincere le remore anche dello spettatore più restio, va ben oltre quella quarta parete – sempre nel rispetto di chi ha di fronte – perché l’amore è qualcosa che abbraccia tutti e lui non vuole che quel palco sia visto come un pulpito da cui si sta parlando. Siete quindi avvisati: sarete “interrogati” su come ci si scopra di essere innamorati e invitati a mettervi in gioco.

“Non vi racconteremo l’amore turbillon di sostanze chimiche, ma l’altro”: questa è la dichiarazione di intenti messa in atto negli ottanta minuti con un tono declinato in diverse sfumature, da quella più scherzosa alla più poetica (con versi da Egli desidera il tessuto del cielo di W. B. Yeats), tra giochi di luce e pochi elementi scenici – un proiettore d’epoca, la macchina da scrivere Remington e un telefono.
L’uomo che amava le donne si fa forte dell’amore secondo Truffaut (memorabile la scena proposta dai Baci rubati), ma omaggia anche il cinema di Claude Lelouch e la tradizione musicale francese. Giulia Mezzatesta, accompagnata al pianoforte da Alessandro Carlà, richiama canzoni che fanno parte del nostro immaginario più romantico (come Que reste-t-il de nos amours?) e la sonorità del francese di Aphrodite de Lorraine fa il resto, in un cammino tra comicità e tenerezza, dove l’universo femminile e l’amore sono il motore di tutto.

In scena dal 6 al 15 gennaio 2015 al Teatro Franco Parenti di Milano