Quel Natale che non ti aspetti. A casa Cupiello

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Antonio Latella ha ragione. Eduardo è un grande autore e le idee di regia si accendono vive e scintillanti attraverso la trascrizione integrale del suo testo più famoso: Natale in casa Cupiello, con una nuova e originale invenzione delle immagini sceniche. Quello di Latella è un omaggio all’Eduardo autore, se ne infischia lui dell’oleografia rassicurante napolaetana, dei ragù, della cucina; va dritto al punto.

Questo spettacolo ha persino il merito di aver acceso il dibattito tra la critica, che sembrava sopita, paludata, appiattita su pallide presentazioni. È indubbio che Antonio Latella sia un regista originale, con un suo personale carisma, stile, un piglio intellettuale come Ronconi o Castri; anche lui è un maestro freddo, cinico e martellante, urticante al gusto del pubblico borghese. Pubblico dell’Argentina disorientato difronte a questa proposta del Teatro di Roma, che solo superficialmente può sembrare una dissacrazione, ma è una prova severa, assolutamente straordinaria, che allarga l’orizzonte delle messa in scena eduardiana anche al panorama internazionale.

Il primo quadro trova tutti gli attori schierati, un coro fra la tragedia greca e Brecht: un concerto a più voci con tanto di didascalie. La trovata fa tornare alla mente certi spettacoli di Luca Ronconi e al suo uso straniante del romanzo a teatro. Quando la scrittura, nel secondo quadro, cerca il realismo, trova in Latella un carro di Madre Coraggio. Eduardo “nostro contemporaneo”acquista in questa regia una monumentalità diversa(nel testo Luca Cupiello vuole fare il presepe con le casette Novecento), Latella ci infila Kantor ed ecco che rivela una problematicità centrale che sta nel disfacimento della famiglia, nell’ipocrisia dei rapporti umani e con l’eccesso di realismo gioca all’inverosimile quando fa apparire al finale, una mangiatoia con tanto di bue e asinello veri.

Vi piace il presepe? E cos’è per voi, oggi il presepe? Un giocattolo, un ninnolo rassicurante o piuttosto il modello attualizzante di una rinascita? Il teatro è archeologia o va inventato, letto, riletto, guardando sostanzialmente al nostro presente? Qui c’è il segno peculiare del teatro di regia, diverso, straniante, che va alla testa dello spettatore, che supera la nostalgia d’epoca. Quello che sta capitando è una crisi a cui corrisponde anche una diversa fruizione teatrale. A Roma, ad esempio, manca il teatro medio. Chiuso il Valle, in ristrutturazione l’Eliseo, la signora Carla che ha avuto i biglietti in regalo dalla nipote, capita all’Argentina aspettandosi di vedere il suo Natale in casa Cupiello con il muschio, il barattolo di colla, i fazzoletti sul viso del protagonista e il plaid, ed esce disorientata, non sa dove andare, la capiamo. Le piace il presepe? Non le piace.

Latella tocca profondamente il corpus di Eduardo autore. Per l’attore Eduardo ci sono i passaggi televisivi, i dvd, l’intera collana dei suoi spettacoli in edicola; c’è il figlio Luca che egregiamente porta e difende la tradizione paterna con la sua Compagnia e con una farsa di successo tuttora in circolazione. Latella innova e lo fa con coraggio, dirigendo un gruppo di attori di strabiliante bravura (da Monica Piseddu a Francesco Manetti a Leandro Amato ad Annibale Pavone) e adesione alle sue benevole quanto bizzarre dissacrazioni