C.S. Lewis, altro che “Cronache di Narnia”

1

La celebrità ha le sue controindicazioni. Prendiamo per esempio Clive Staples Lewis, noto come C. S. Lewis: pronunci il nome e subito pensi a Le Cronache di Narnia. Nel ciclo su Narnia Lewis ha speso tutto il suo pensiero e il talento. Ma il capolavoro ha in qualche modo eclissato il filosofo e l’apologeta, almeno fuori dal mondo anglosassone. Lewis ha scritto tanti saggi e romanzi. La sapeva lunga: conosceva la patristica, la filosofia e molto altro ancora, come si confaceva a un membro degli Inklings e a un professore di Oxford.

Clive Staple Lewis , I Salmi, Lindau Edizioni, 2014
Clive Staples Lewis , I Salmi, Lindau Edizioni, 2014

Eppure in Italia il Lewis saggista è poco noto: gli editori vanno a colpo sicuro in cerca del best-seller. Quindi l’uscita da Lindau di un suo libro all’apparenza secondario, scritto nel 1958 sul finire della vita, (I salmi, a cura di Edoardo Rialti, pp. 174, euro 19,00) è un piccolo avvenimento. Non era mai stato tradotto prima, come gran parte delle opere di questo personaggio eclettico, dalla vita segnata dall’esperienza dell’apostasia, quindi dell’ateismo e infine dalla conversione al cristianesimo anglicano. Vale la pena raccontare questi fatti perché qui Lewis introduce il lettore comune al Salterio, una parte dell’Antico Testamento cara al cattolicesimo. Ed è interessante che a farlo sia un gallese corredato di madre protestante, per di più cresciuto nell’Irlanda del nord quando il conflitto tra irlandesi e inglesi era aspro.

A ben vedere, oltre a una fede profonda, c’è molto dell’Irlanda in questo libro. Lewis assume il tono di un vecchio lupo di mare che si sia portato appresso la Bibbia per tutta la vita. Leggendo, sembra di vedere un uomo rude con indosso un maglione di lana spessa, seduto la sera vicino al fuoco a raccontare, anziché avventure nel Pacifico, la bellezza dei Salmi e il talento dei suoi estensori, che chiama “poeti”. Sembra quasi un canto d’amore per la Bibbia e c’è anche dell’autobiografia: lo scrittore si era sposato l’anno prima con la poetessa americana Joy Davidman, ebrea convertita. Un dono di nozze particolarmente ben riuscito.

Lewis entra nella carne degli ebrei antichi, scandaglia il loro amore per la terra, la fede nel sostegno divino, l’aderenza alla “Legge” in assenza di un Messia che è di là a venire e somiglia tanto a una speranza; infine, la sete di giustizia riposta in quel Dio geloso che poi è anche il nostro. Lega l’ebraismo al cristianesimo facendo notare, da fine conoscitore del paganesimo greco-romano e nordico, che i culti pre-cristiani hanno tratti comuni. Riporta a ogni passo alla profondità e al mistero del cristianesimo, che trascende tutto quanto lo ha preceduto. Era questo, in fondo, il suo pensiero. Riassunto qui scivolando leggero tra mitologia, esegesi e teologia. Eppure in questo testo non c’è una parola, non una, che possa intimorire il lettore. I Salmi sono spogliati del timore reverenziale che li circonda e diventano racconti comprensibili a tutti, perché più umani. Stavolta non è un libro per bambini, lo è per infanti dello spirito. Ma nulla dello stile geniale e scanzonato di C.S. Lewis è andato perduto.

1 commento

  1. Un buon boccale di sana cultura. Grazie. Come dimenticare ‘Perelandra’ dove, sotto il velo della fantascienza, si spalanca una cosmologia stupenda e pacificatrice? Meno riuscito ‘Quell’orribile forza’, ma è solo la mia opinione.

Comments are closed.