“Vanità delle vanità, tutto è vanità“: quante volte abbiamo udito queste parole? Hebel habalim, hakkol habel, suonano in ebraico. Tutto è hebel, chiosa Luigino Bruni in Una casa senza idoli (EDB, pp. 134, € 12,50), ossia “fumo, soffio, vento,
vapore, spreco, assurdo, vuoto, nulla”. Il nulla è nel cuore della Bibbia, è Qohélet, il libro dell’Ecclesiaste, composto da un anonimo ventitré secoli fa a Gerusalemme al tempo del trionfo greco, edonista, proteso al culto della bellezza e del profitto, proprio come oggi.
In quel mentre, Qohélet stava nella città santa, anonimo tra i molti, unico per l’eternità, a rammentare che la vita è ruah, un soffio di vento. Essa sfiorisce in fretta, perché polvere sei e polvere tornerai, mentre i fiumi continueranno il loro corso non ostante i mari siano destinati a non riempirsi. “Non c’è nulla di nuovo sotto il sole“, ecco un altro inciso del maestro ignoto marchiato a fuoco nella nostra carne. Puoi scalare le montagne, comprare il mondo, essere noto tra gli uomini, ma la tua sorte non muta: sei destinato alla morte, al cercare senza nulla trovare.
Qohélet è un padre dell’Occidente, anche se appartiene precipuamente all’ebraismo. Ho scritto che Bruni “chiosa”, non che l”commenta”, anche se lo fa, perché l’anonimo autore si può solo commentare, come tutti i fondamenti della fede e del pensiero, che ognuno legge e fa propri tramutandoli in consolazione. Qohélet è il padre di tutti e di nessuno. È la vetta altissima della tradizione sapienziale biblica, ed è anche il principio di ogni ricerca votata allo straniamento, alla negazione del risultato, alla capitolazione di fronte alla finitudine umana. Essenziale, privo di orpelli, nudo come le poche verità di cui disponiamo, l’Ecclesiaste resta identico mentre il mondo cambia, dicendoci che nonostante tutto questo rimane sempre uguale a se stesso.
L’uomo tenta di conoscere l’universo, ma nel profondo è ancora Abele, vittima della crudeltà del fratello, l’assassino della notte dei tempi. Nello smarrimento della Babele in cui viviamo, questo libro crudo ha molto da dirci, senza scomodare gli alti ragionamenti dei filosofi, lontano da metafore, concettualismi o prosopopee: la parola essenziale di Qohélet colpisce il cuore e lo trafigge inchiodandolo alla realtà, perché “le sole rivelazioni che aiutano a vivere sono quelle che ci riconciliano con la finitezza, la fragilità, la precarietà della vita e della fede“.