10 consigli 10 per intellettuali da salotto

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Abbiamo scelto 10 consigli “impertinenti” per chi vuole essere, (o fingersi, che è lo stesso) un vero intellettuale da salotto, tratti dal pamphlet di Luigi Mascheroni (Book Time editore)

ABITI: Sempre meglio averne molti. Ad esempio: dolcevita nouveaux philosophes, giacche velluto a coste à la Cacciarì, Clarks fuori corso, molti abiti interi ma non spezzati (da cui la locuzione “Mi piego ma non mi…”), pochette ma anche pochade, livrea (sempre utile, quando si deve servire qualcuno), almeno un paio di stivali neri (metti che si debba fare il passo dell’oca), un colbacco (per nostalgia), l’eskimo (un capo che non passa mai di moda), e cappello, tanti cappelli. Da togliersi tutte le volte che si omaggia qualcuno.

“CONFESSO CHE…”: Dirlo, prima di qualunque stronzata, fa generalmente un’ottima impressione.

DAVID FOSTER WALLACE: Perentori: “Un gigante”. Ma se qualcuno lo dice prima di voi, rispondere: “Sopravvalutato”.

RADICAL CHIC: Ad esempio: i pezzi di Concita De Gregorio, le camice a quadrettini di Gad Lerner, l’insalata di polpo con verdure crude, la Repubblica in generale, la parola hipster, gli hipster, quelli che “ah, io adoro gli hipster!”, tutto ciò che passa dalle pagine di Vanity Fair, la vanità, le fiere, le borse in pelle di vitello di Ralph Lauren (ma anche quelle in coccodrillo di Salvatore Ferragamo), le campagne contro l’infibulazione, Slow Food, le pashmine di Daria Bignardi, quelli che condannato Berlusconi ma condonano il soppalco, i film di Ferzan Ozpetek, quelli che esaltano la “decrescita felice” in uno chalet di Courmayeur, Otto e mezzo, Calzedonia (ma non Yamamay), le citazioni di Zygmunt Bauman, tutto quello che fa Alessandro Baricco, tutto quello che dice Michele Serra, il tg di La7, il salmone (ma solo se affumicato) e la rustisciada (ma solo con la polenta).

QUALITA’ UTILI AL RUOLO (di intellettuale): Faziosità, cortigianeria, invidia, vanità, frivolezza, saccenza.

TABU’: Il vero intellettuale non ha tabù. Anche se sarebbe meglio non affrontare in modo critico l’omosessualità, le pari opportunità, il neo-femminismo, i valori della Resistenza, quelli della Costituzione, l’antiberlusconismo, il corpo delle donne, l’Islam, gli ebrei, il Tibet, gli indiani d’America, le persone “di colore”, l’aborto, il matrimonio gay, la “dolce morte”. E anche le droghe leggere. L’assunzione delle quali, peraltro, in dosi moderati, voi non disdegnate.

ALCOL: Per scrivere, si può abusarne. Vedi Hemingway, o Fitzgerald. Ricordarsi di Raymond Carver, per il quale l’alcol era l’unico rifugio ai tormenti. Quindi anche per i vostri. Comunque, da preferire la wodka al whisky. Niente birra. Fa troppo Mauro Corona.

ARBASINO, ALBERTO: Parlarne sempre benissimo. Perché? Non si sa.

PINKETTS, G. ANDREA: Meglio non frequentarlo. Perché? Non si sa. E comunque non avete mai capito che cazzo significa quella “G” puntata. E forse neanche lui.

MONTANELLI, INDRO: Dire di averlo conosciuto. Come tutti (“Un grandissimo giornalista, ma umanamente…”).

 

Altissimo, magrissimo, elegantissimo. Luigi Mascheroni sembra un lord inglese capitato per caso tra i mangiatori di cotoletta, a Milano. Il talento si esplicita nei particolari. Firma de il Giornale, è una autorità nel campo (stretto) della bibliomania italica. Le sue stroncature sono temute (compartecipe di una inchiesta, condivido con Mascheroni la prima querela della mia poco pulita carriera giornalistica), la sua agenda fa invidia: conosce, editorialmente parlando, tutti gli zar. I quali non di rado gli pettinano il gilet e gli lustrano le scarpe per avere la recensione benevola all’autore di turno. Ma lui si guarda bene dal cedere alle seduzioni.

Le Videorecensioni di Luigi Mascheroni. Guarda su Youtube

Titolare di una cattedra in “Teoria e tecniche dell’informazione culturale” all’Università Cattolica in Milano, è un raro esempio di prof che non sigilla la bibliografia con un suo tomo: consiglia, semmai, la lettura dello spassoso Manuale della cultura italiana edito da Excelsior nel 2010, specificando: “non è obbligatoria”.

Luigi Mascheroni
Luigi Mascheroni

Da vero dandy, disdegna i libri importanti (ergo: pallosi) e gli editori importanti. Dopo averci deliziato con i Ritratti d’autore dei peggiori bibliofili d’Italia (Bibliohaus, 2012), questo guru della terza pagina ci offre Consigli impertinenti per il vero intellettuale da salotto (Book Time, 2014), un abbecedario per far bella figura nei “salotti buoni” della cultura. Esempio: Beni culturali, “se se ne parla, dire subito con enfasi: ‘L’Italia possiede un terzo del patrimonio artistico del pianeta’”. E aggiungere con un sospiro: ‘Purtroppo non lo si sfrutta abbastanza…'”; Informazione: “Da pensare, senza dirlo: ‘Ce n’è troppa’. Da dire senza pensarlo, ‘Non ce n’è mai abbastanza’”». C’è anche la voce Federico Fellini (che è speculare a quella dedicata a Indro Montanelli): «Dire di averlo conosciuto. Come tutti». Il bello di Mascheroni è la mancanza di supponenza: in fondo, sfotte se stesso. Dote rara.