L’orgoglio, la colpa, il sangue e il carcere

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Marcello Baraghini cerca la letteratura tra gli ergastolani

Va da sé: uno che scarcera i libri cerca ristoro letterario tra i carcerati. «Cercavo la letteratura con il sangue, l’ho trovata in un ergastolano». Marcello Baraghini, fondatore di Stampa Alternativa, quello che con le Millelire, vent’anni fa, altro che le lotte armate brigatiste, ha rischiato di far implodere il salotto di Segrate, il Parnaso del Premio Strega, gli imparruccati letterati da tè delle cinque, è un estremista per natura. «I grandi libri vanno consegnati all’umanità. Gratis». Così, questo Bakunin dell’editoria, questo guerrigliero che al posto del kalashnikov imbraccia la mitica Lettera 22, si è inventato il sito stradebianchelibri.weebly.com. Un rifugio per sognatori e disadattati, per onanisti bibliomaniaci: alla voce Millelire per sempre vi scaricate, senza sborsare un soldo, Marziale ed Eraclito, Majakovskij e Giovanni Papini, Robert Louis Stevenson e Stendhal, Lewis Carroll e Anton Cechov. «Vuoi vedere che è la volta buona di una rivoluzione culturale…», scrive lui. Se l’Italia non fosse l’Italia, amazzonica provincia fitta di lacché e scrittori con il tutù, Baragini sarebbe Ministro della Cultura e dell’Istruzione.

Bastasse uccidere la moglie, spezzettarla e metterla in ghiacciaia. Sottobanco Baraghini mi fa, scaricati questo. Il romanzo-verità (che, appunto, s’intitola Totu sa beridadi, cioè “Tutta la verità”) di Mario Trudu, da 35 anni in carcere, a suo dire ingiustamente. Fine pena: mai. «Ho pubblicato scrittori a fiumi, ora ho trovato la vena aurea della scrittura. E ho capito una cosa importantissima». Cosa? «Che solo dall’ergastolo può nascere la grande letteratura. Solo chi sa che morirà in carcere, senza riscatto, può scrivere un grande libro». Una presentazione così mi ha messo kappaò.

Avidamente ho letto il libro. Ottimo incipit («Raccontarvi della mia infanzia è una cosa che non farò»), strepitoso finale («Giustizia, voce che corre al vento», ma in sardo funziona meglio, Justithia, ‘oxe a su ‘entu fue fue). Il romanzo è istoriato dai disegni di Trudu, le pagine più commoventi sono quelle sotto il titolo “Quando la cosa più bella diventa dolore eterno”; quelle più riuscite raccontano la latitanza di Trudu, le leggete nel capitolo “L’incontro con l’uomo nella natura”. Ma non basta l’ergastolo a fare un capolavoro: piuttosto, bisognerebbe rinchiudere in carcere i pessimi scrittori pubblicati dalle major editoriali.

Baraghini è geniale perché in fondo adotta, editorialmente, le regole della tivù: ci spiattella un personaggio. Di cui siamo curiosi di scoprire i recessi dell’anima, dell’orgoglio e della colpa. E il romanzo, che fa un mazzo tanto alla nouvelle vague della Sardinia Felix (i vari Salvatore Niffoi e Michela Murgia, enogastronomia sarda ormai indigesta), sembra un po’ Fuga da Alcatraz, un po’ una puntata di Chi l’ha visto? Quanto alla tenuta letteraria… beh, sarebbe come preferire le Storie maledette di Franca Leosini a Delitto e castigo. Il carcere, di per sé, non sforna Dostoevskij (se vi vanno i carcerati, poi, meglio Enzo Fontana, autore di due romanzi, Tra la perduta gente e Il fuoco nuovo, ormai introvabili); la scrittura, metaforicamente, è segregazione e ossessione claustrofobica.

totu-sa-beridadi-di-mario-trudu

> Mario Trudu
Storia di un sequestro. Tutta la verità
Strade Bianche, Edizioni alternative, 2014
euro 5,00

28/09/14