Carusi e Buttafuoco, non chiamatelo reading

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Il pianista e lo scrittore. Voce e pianoforte in omaggio a Shakespeare ad Asolo.

Di Simonetta Sciandivasci

Coraggiosa, Giulietta: a 14 anni era già morta d’amore. A ucciderla erano stati il suo nome e cognome. Lei, sciocchina, credeva che i nomi non contassero, che smettendo di chiamare rosa una rosa, il suo odore non sarebbe mutato. Shakesperare, che crudele, la fece morire proprio perché si chiamava Capuleti e in quanto Capuleti non avrebbe mai potuto sposare un Montecchi, dimostrando così, a lei e a noi, che al destino contenuto nel proprio nome non si sfugge. Il pianista Nazzareno Carusi e lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco sono l’esempio perfetto di come nascere in un certo posto e chiamarsi in un certo modo diano forma e direzione ai passi che mettono in cammino la vita. Era quindi inevitabile che finissero a congegnare insieme l’esibizione perfetta, dove ciascuno estrinseca il potere dell’altro.
Carusi con il pianoforte, che obbedisce al suo nome da compaesano di Gesù – in paradiso si parlerà anche greco antico, ma la voce di Dio è musica – e al suo cognome da musicista, e Buttafuoco con voce e parole, che incarnano le pietre e le ali del suo nome insieme alla promessa lavica del suo cognome, si sono dati appuntamento al festival della musica da camera di Asolo, il comune del trevigiano dove Pietro Bembo ambientò i suoi celebri dialoghi amorosi.

Ora e data: 20.45 del prossimo 30 agosto: cade di sabato, quindi chi è ragionevolmente vicino, rinunci all’ultima paranza agostana servita stantia in piatti di plastica e vada a vederli. Lo spettacolo si chiama “Notturno a Shakespeare” e sarà un omaggio al Bardo, condotto attraverso le note di Carusi, tratte dal suo lavoro “Notturno” (Emi) e le parole di Buttafuoco, riprese dal suo libro “Il dolore pazzo dell’amore” (Bompiani). Non chiamatela reading: quella è roba per manichei che credono di poter rafforzare parole deboli con note deboli. “Notturno a Shakespeare”, invece, punta a fare di voce e musica uno strumento unico, che dimostri come, a detta dello stesso Carusi, “la forza delle parole è legata non solo al significato, ma alla portata evocativa che sprigiona il loro suono”. Su quell’evocazione convergono i mestieri, diversi ma comunicanti, di NC e PB.

Ho scelto Pietrangelo perché è capace di restituire alla scrittura il suo potere musicale, rendendola bellezza pura”, dice ancora Carusi, che proprio alla bellezza giura e dimostra di voler dedicare la sua carriera, perché “la mancanza sua e di suoi reali paladini è la vera causa della crisi”.

25.08.2014