Salomè danza in un museo

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Arie da tappeto orientale da Vivaldi alla canzone napoletana

di Francesco Sala

Far vivere i musei. Considerati dai più troppo oscuri, silenziosi, ostili, esclusivi ai “felici pochi” che li possono capire e apprezzare. E “agli infelici molti” non resta che una fruizione diversa, commerciale o televisiva, distante dal polo museale. Avvicinare le distanze tra le diverse comunità dei cittadini, avviare con la Cultura un percorso di condivisione e conoscenza. Ecco che il teatro, nella sua forma avvincente ed evocativa, può avvicinare l’opera d’arte in un percorso nuovo, in completa armonia con il museo.

Nel Museo di Palazzo Braschi di Roma, al fianco di un colossale gruppo scultoreo del Battesimo di Cristo realizzato da Francesco Mochi nel 1644, può andare in scena un esperimento teatrale liberamente ispirato alla Salomè di Oscar Wilde. Salomè interpretata questa volta dai tratti fisici scultorei dell’étoile Giuseppe Picone, che conferisce al personaggio un fascino particolarmente ambiguo. L’idea di Anna Cuocolo, che cura regia e ideazione, sarà quella di bellezza ideale, di perfezione pittorica e Picone sarà affiancato da Manuel Paruccini, primo ballerino del Teatro dell’Opera di Roma, dall’étoile Mario Marozzi (Erode) e dai soprano Hae Young Hyun e Yasko Fuji.

Un drappo bianco e barocco delimita l’arco scenico. Salomè giace addormentata riversa su una dormeuse, coperta di preziosi tessuti: glutei marmorei, pelle bianca come seta. Erode seduto sul trono aspetta in un’attesa trepidante la danza di Salomè. Chiederà, è noto, la testa di Giovanni Battista. La richiesta verrà esaudita e una volta avvenuta la decapitazione, Salomè ballerà con la testa di Iokanaan.

La serata mescola arie da tappeto orientale che spaziano da Vivaldi a Leoncavallo, fino a Bovio-De Curtis. La canzone napoletana come simbolo di un Oriente notturno che è passione, canto, mistero e geograficamente può partire da Damasco per arrivare nella città partenopea. Il prologo teatrale è affidato all’attore Massimo Wertmuller, efficacissimo, puntuale e che avremmo voluto vedere e ascoltare di più. Scene e costumi sono di Vito Zito. Tra i numerosi invitati in platea c’è anche Federico Mollicone, ideatore del circuito sussidiario dei Musei in scena: “Picone a Braschi rappresenta la valorizzazione dei Musei che può passare solo attraverso l’integrazione con lo spettacolo dal vivo. Contaminazioni dei pubblici e delle emozioni.”

L’impresa meritevole è stata prodotta da Francesca Barbi Marinetti. Serata riuscita. Il museo esce dalla sua austerità e  svela la sua bellezza a tutti attraverso il magico potere del Teatro. Applausi.

 

29.06.2014