Marioni Pullè: come far morire le più belle ville del veneto

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E non venne il giorno per Villa Marioni Pullè, il maestoso complesso architettonico nel cuore del quartiere Chievo, a Verona.

marioni pullè-557x262-spirlìNata nel XVIII secolo, su un edificio preesistente del 1600, la Villa ha conosciuto allori e schiaffi del destino. Dagli arricchimenti voluti dal Conte Marioni, primo vero proprietario, che la volle onorare degli affreschi del Da Campo e del Cignaroli fino ad incoronarla con un teatro che divenne da subito il centro di richiamo artistico di tutta la regione, agli abbellimenti ottocenteschi voluti dal conte Leopoldo Pullè, che dopo gli anni di stallo, cominciati con la morte di Marioni e segnati dalla successiva occupazione francese (che la trasformò in ricovero per feriti), le ridonò smalto e prestigio recuperando anche la tradizione teatrale e musicale. Poi, passo dopo passo, un destino crudele e distruttore; arginato per qualche breve periodo dalla proprietà Miniscalchi che, però, se ne “liberò” alienandola al Consiglio Ospitaliero e trasformandola in sanatorio per tubercolosi. Di tosse in tosse, la fine.

Quando la Villa passò di proprietà dell’INPS era già morta. E tale rimane. Non molto tempo fa, per l’appunto, è stata anche murata. Tumulata. Proprio nel momento in cui ci si rese conto che era divenuta tana, ritrovo, di gruppi di sporcaccioni satanisti. Tra fantomatiche folate d’aria gelida, urla e gemiti di nonmorti, presenze informi ed immateriali, passeggiate di chiffon fra gli alberi secolari del parco, la bella Villa giace. Nel silenzio penoso e poco lungimirante delle proprietà. Già, perché oggi i proprietari di villa e parco, in quote differenti, sono l’INPS e il Comune di Verona.

Lo scorso anno i veronesi avevano tirato un bel sospiro di sollievo. Sembrava che, dopo le sollecitazioni dei media, delle associazioni e della Soprintendenza, l’INPS avesse deciso di intervenire con un sostanzioso investimento. Villa Pullè sarebbe stata ristrutturata e restaurata in tempi brevi. La consegna, addirittura, era prevista per aprile 2015. Li hai visti tu, gli operai, gli ingegneri, gli architetti e, soprattutto, i soldi? I veronesi, no. Un timido cartello annunciava che tetto e affreschi sarebbero stati curati e messi in sicurezza. Quelle bellezze ammirate dagli imperatori asburgici e dai savoia avrebbero celebrato gli antichi splendori. Sarebbero state frenate le infiltrazioni d’acqua, rifacendo totalmente il tetto e sarebbero stati catalogati e protetti i preziosi dipinti… Col piffero!

O il demonio preferisce le porte murate e le finestre sprangate, ed è più forte lui, oppure quelle promesse erano proprio da marinaio e nulla è accaduto e, forse, nulla accadrà a prescindere se la coda nera e gli zoccoli da caprone esistano o no. Fatto sta che una delle più belle ville del Veneto e d’Italia muore, giorno dopo giorno. E che un’altra perla del nostro Patrimonio Artistico non produce introito per le casse italiane. Questo è il vero peccato! Altro che tre candeline capovolte da un gruppo di zozzoni che adorano l’ombra…