L’unico eccesso dei numeri è quello di essere numerosi. Per il resto ci appaiono discreti, miti, per niente inclini a offendere o a fare male, incapaci di quei gesti violenti da cui spesso le parole si lasciano tentare. Si prestano a rendere qualsiasi servigio: prostituzione sistematica che non lede la loro dignità e costumatezza. Tuttavia anche i numeri, come tutti i concetti, possono acquisire un’egemonia, esercitare una leadership, persino diventare tiranni. A essere precisi, il numero è un concetto solo nella sua accezione più astratta e rarefatta, che però è anche la più vera. Nessuno ha mai visto e toccato con mano il tre o il quattro, essendo invece capitato a tutti di vedere tre alberi o quattro bambini. Sono gli alberi e i bambini a dare una concretezza al tre e al quattro. È’ ciò cui un numero si riferisce a dargli potenza, senso, a renderlo un fatto o anche uno strumento.
Il PIL è un numero, di per sé innocente, e sembrerebbe difficile nutrire antipatia o addirittura ostilità e rancore nei suoi confronti. Anche la realtà cui il PIL si riferisce appare piuttosto neutrale e inadatta a suscitare invettive o risentimenti. Ma è noto come possa essere fuorviante fermarsi alle apparenze e come queste, più che nascondere qualcosa, riescano spesso a provocare derive imprevedibili. Il PIL non è altro che il valore di quanto un sistema economico nazionale produce su base annua: e nient’altro che un numero è il metodo adottato per esprimere questo concetto. È lecito che un numero, frutto di osservazioni e di calcoli, venga comunicato, commentato, assoggettato a riflessioni e discussioni di qualunque tipo. Ma inaccettabile è ciò che il PIL è diventato, la crucialità della posizione che ha acquistato nel sistema dei valori individuali e collettivi.
Il PIL è ormai una variabile centrale della nostra vita. Anche i parametri dell’appartenenza all’Unione europea sono fondati sul PIL, dal cui andamento dipende tutta una varietà di fenomeni che vanno dal successo o dal fallimento delle politiche economiche nazionali fino al benessere e alla presunta felicità dei cittadini. Il PIL governa le nostre esistenze e, in stretta collaborazione con tutti gli altri apparati del mondo del denaro, le incapsula in uno schema cui dobbiamo attenerci e della cui architettura siamo solo chiamati a prendere atto. Ambito premio di una società affamata di ricchezza, il PIL non è solo simbolo di una competizione assurda quanto faticosa, ma anche tangibile oggetto del contendere. Mito e ossessione della nostra economia, non è inerte materia di studio ma fatto vivo, non semplice dato ma cifra dominante, non informazione tra le altre ma evento determinante e decisivo, obiettivo palese dei sistemi economici e leader occulto dei loro criteri di governo.
Esistono concetti e oggetti che, proprio in virtù della loro straordinaria vitalità, acquistano una forza speciale, rendendosi sempre più autonomi da un uomo destinato a perdere, davanti a loro, la condizione di artefice e padrone. Una pistola, per esempio, può davvero impadronirsi dell’anima di chi la porta ed essere, se non su un piano giuridico, su un piano sostanziale, più colpevole di chi si è trovato a premere il grilletto. Teneri e romantici amanti della libertà, gli uomini sono anche abbastanza ingenui da fabbricare strumenti di cui diventeranno prigionieri. Non sappiamo se sia la terra a disegnare lo spazio riservato ai mari o se sia invece il mare a delimitare i confini delle terre emerse. Siamo noi a possedere le idee o sono certe idee capaci di possedere gli esseri umani? La storia ci racconta di pensieri e convinzioni di cui gli uomini sono diventati schiavi, a prescindere dal loro ruolo di oppressi o di oppressori.
Da qui la raccomandazione di rimanere vigili. E da qui il diritto, se non addirittura il dovere, di esprimersi contro la dittatura dei numeri.
I nostri sensi servono a sperimentare una realtà effettuale molto più interessante di qualunque sua versione virtuale. E l’intelligenza di cui siamo dotati serve a capire l’esistenza, darle un significato, offrirle una dignità sempre più alta. Per questo è inammissibile che cifre come il PIL, lo spread, o qualsiasi altra manciata di soldi su cui si è immiserito il dibattito pubblico riescano a orientare le nostre politiche, decidere la sorte dei nostri governi, condizionare le nostre vite.
14.05.2014
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