Erano Iene, sono diventati stalker

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Come tutti i grandi movimenti di pensiero, anche lo “ienismo” sta andando inesorabilmente incontro al proprio tramonto. Dicesi ienismo quella peculiare intuizione meta-televisiva, quel rivolgimento del costume e della visione del mondo, della scena e del retroscena dell’attualità, costruiti attorno al programma tivù “Le Iene”. Era il 1997, quando debuttarono, ed erano drammaticamente avanti, compiutamente pop e post-moderni senza il complesso della modernità, con tutti e due i piedi nel nuovo millennio. È stata forse la migliore Simona Ventura di sempre, quella delle origini.

E poi è stato giornalismo vero, non istituzionale e autocertificato, ma confortato dalla materia prima, dalla notizia che i bulletti in doppiopetto scovavano letteralmente all’angolo della strada, mentre quelli che ostentavano il tesserino da professionisti bollivano in redazioni sempre più simili a ministeri. È stata anche l’invenzione di format diventati patrimonio comune, su tutti “L’intervista doppia”, un genere che ormai appassionava indipendentemente dagli intervistati, e lo svelamento della vanità dei politici, con il sublime gioco dell’intervista interrotta causa comparsa di un altro ospite (domanda a Fassino: «Cosa ne pensa del Festival di Roma?» «Beh la manifestazione ha avuto un suo indubbio valore artistico…» «Oh, c’è Alemanno, c’è Alemanno, andiamo!»).

Peccato, che di tutto questo rimangano solo molestie e trivialità. Sì, i bulletti della notizia si sono via via rinsecchiti in banalissimi stalker, quasi senza rendersene conto, era il format che si usurava, lo smascheramento degli altri che diventava ripetitività di sé, il nuovo che si faceva vecchio. Fino al grado zero, lo stalking idiota (nel senso tecnico: autoreferenziale, completamente scisso da qualunque rimando di complicità con il pubblico) a Maria Elena Boschi. Enrico Lucci, in passato geniale incursore nei congressi di partito e nelle liturgie ataviche della Roma strappona, che prende sottobraccio la neoministra renziana esordendo «A Maria E’, sei una figa strepitosa», e non c’è nessun sottotesto, nessun sentimento del contrario spiazzante, nessun comico, è una scenetta amatoriale che potrebbe imbastire chiunque al bar sotto casa. «Perché ti hanno messo proprio ai rapporti col Parlamento? Ai rapporti coi membri del Parlamento? Come pensi di cavartela…».

Ovviamente, si è scatenato subito il caravanserraglio moralizzatore e benpensante, ma non c’entra nulla, anzi su quel piano vince ancora e sempre l’immoralista Lucci. È che, ormai, le Iene non sono più immoraliste, si sono rovesciate nel loro contrario, sono predicatorie e prevedibili, Lucci all’assalto della ministra “figa”, il “twerkatore” che incalza, o spintona, Paola Ferrari, il tutto per simulare il suo classico strusciamento da dietro, una cosa vecchia come il mondo, una gag consunta da cinema muto, Paola Iezzi e Ana Laura Ribas che confessarono di essere state aggredite, e magari esagerarono, ma certo sono servizi che non aggiungono più nulla, non sono più scomodi per nessuno, non raccontano più nessuno spicchio di commedia umana, se non quella di chi li inscena, e non sempre è un bel vedere. È un tramonto estetico, non ideologico, quello de Le Iene, è ormai una carenza di linguaggio, la loro. E proprio per questo probabilmente irreversibile.

 

Giovanni Sallusti, direttore de http://www.lintraprendente.it

1 commento

  1. spesso erano questi servizi televisivi ad attivare i giudici per fare indagini su faccende poco chiare! ed è una legittimità sociale. invece sapete che fanno i giudici? condannano le iene perchè stanno dando fastidio a questi personaggi mafiosi che, guarda caso, sono collusi con la sinistra…. 🙂 altrimenti non si spiega come mai i giudici hanno applicato la legge stalker sui giornalisti (agli amici le leggi si interpretano, ai nemici si applica!!)

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