Paolo Bottarelli: la scacchiera della mente

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Le “case della scacchiera della mente” accessibili solo con la percezione

di Laura Coccoli

Spesso l’arte da gesto creativo puro e semplice, da espressione della profonda irrazionalità dell’animo umano, si trasforma in un processo complesso d’indagine mentale, di calcolo e di precisione senza perdere o alterare il suo statuto. Nella storia dell’arte molti sono gli artisti-scienziati che ne hanno segnato il destino e in questo elenco entra di diritto anche Paolo Bottarelli, che coniuga arte e neuroscienza per declinare una riflessione su se stesso in quanto uomo, sull’universo, sulla condizione umana e sulle dicotomie e i paradossi che la regolano. Emblema principale e primario punto di partenza di questa ricerca è il gioco degli scacchi, che torna spesso nei suoi lavori e che è al centro del Chesscube Mind Rooms Project, il suo processo artistico principale.

Di origine bresciana, ma ormai di base a Berlino, dove sta preparando il lavoro per la Biennale di Marrakech, Bottarelli da circa quattro anni ha iniziato la costruzione di alcuni cubi di varie dimensioni – 64 in tutto, da realizzare entro il 2048 –, proiezioni tridimensionali delle caselle degli scacchi, ognuno dei quali viene presentato al pubblico ermeticamente sigillato e inaccessibile. Attualmente ne ha già realizzati tredici: alcuni sono stati esposti – a Beijing, a Teheran, a Berlino, a Mosca e in varie mostre nazionali e internazionali – altri sono stati venduti, altri ancora sono stati poi distrutti. Sopravvivono attraverso le loro meta-rappresentazioni – fotografie, dipinti, video e altri media – grazie alle quali è possibile capire cosa sia avvenuto all’interno dei cubi, quale installazione sia contenuta in quelle che lo stesso artista definisce “case della scacchiera della mente” accessibili dal fruitore finale solo attraverso l’intuizione e la percezione.

Se la stanza cubica si presenta come un prodotto dato e finito, è continua la riflessione davanti ad essa e il suo dialogo con lo spettatore, così come in continua evoluzione è il progetto. Lo conferma l’artista stesso quando dice: “Non ho nessuna idea per le prossime strutture cubiche. Il lavoro è in work in progress e site specific. Il progetto è già stato deciso (in modo oserei dire deterministico) nella sua struttura principale, ma non nella sua trasformazione”.