Rock e donne: un binomio esplosivo

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Nella collettiva “Women in Rock” al ristorArte Margutta di Roma le storie difficili delle icone al femminile.

di Maria Elena Capitanio

Rock e donne, un binomio esplosivo, e lo sa bene Francesca Barbi Marinetti, curatrice della mostra collettiva “Women in Rock”, in esposizione fino al 30 gennaio nelle sale del RistorArte Margutta di Roma. “Il Rock è rottura, adrenalina pura. È il dissociarsi dai luoghi comuni. È lo scardinare le regole, ma spesso anche lo sfidare la morte”, spiega la curatrice.

L’idea è nata dallo spettacolo omonimo portato in scena dalla poliedrica Ketty Roselli, ballerina, attrice e cantante, che ha intrepretato e narrato, sugli accordi della chitarra di Nicola Costa, alcune cantanti-icone: Tina Turner, Etta James, Amy Winehouse e Janis Joplin. “Un tratto comune lega le vite delle star musicali interpretate da Ketty Roselli. Sono donne baciate da un dono divino e martoriate da storie difficili, spesso di violenza e tossicodipendenza”, commenta Francesca Barbi Marinetti.

L’esposizione raccoglie le opere di numerosi artisti, tra cui Elena Boccoli, Cristiano Cascelli e Ornella Flora Curatolo, che hanno interpretato il tema con modalità diverse e complementari. Da una parte il confronto con la dirompenza del colore, con le sue vibrazioni cariche di energia in urla liberatorie e vitalistiche, che sfociano in un’esuberante espressività, fino al parossismo, come nei lavori di Pablo Echaurren, Palma Nasoni, Graziano Cecchini, Francesco Bancheri. Dall’altra ritratti più intimisti, in alcuni casi più cupi, che vanno a scardinare le apparenze per tracciare i percorsi dell’anima delle protagoniste ritratte, come nelle opere di Lisa Eleuteri Serpieri, Pasquale Nero Galante, Stefano Mingione con La mia Amy, Massimo Attardi, Giorgio Bisanti e Adele Ceraudo con i suoi nudi.

Il mondo del Rock è ricco di icone. Sesso, droga e rock-and-roll. La croce e il cuore. La nudità esposta, a volte segnata, sofferta ed emaciata. Le catene, gli indumenti di pelle, la forza, la rabbia alla stessa stregua della condizione esasperata dell’essere borderline tra vita e morte, nonché la confidenza intima, e a volte perversa, che si stabilisce tra sacro e profano in tutte le sue forme”, si legge nel testo scritto dalla curatrice, Quando l’Arte ha un’anima Rock.

Il focus sulle donne è stata la spinta per inserire nella mostra un video-machinima di Marina Bellini intitolato Red Shoes, realizzato per dire “Basta” alla violenza sulla donne. L’appoggio importante è arrivato anche dalla presenza dell’Associazione Donne Giuriste Italiane, ogni giorno impegnate su questo fronte.

Un appuntamento da non perdere quello di Women in Rock, che accoglie il pubblico nel suo viaggio espositivo con La Vittoria, scultura in ferro firmata da Stefano Mingione, rappresentazione simbolica della forza di carattere necessaria a contrastare le avversità della vita.