Gli attori-marionette in un dissacrante Amletò

0

Alla Comunità di Roma un’ entusiasta compagnia di giovani diretti dal regista-burattinaio.

di Francesco Sala

Chissà perché vedendo Amletò al Teatro La Comunità, venga in mente Pasolini, che nel suo Cosa sono le nuvole faceva rappresentare il suo Otello a dei burattini.
Attori-marionette manovrati dalla mente del loro burattinaio, regista della loro vita, mettono in scena Shakespeare, avvicinando il codice espressivo del teatro con quello del cinema. Totò (Jago) nel film di Pasolini sussurrerà un’amara verità:” siamo in un sogno dentro un sogno”. Tra cinema e teatro c’è un cortocircuito che favorisce il cinema. Marcel Carnè diresse nel 1938 Hotel du Nord, ed è qui che si muove la macchina immaginifica del regista.
Se Quentin Tarantino ama citare, anche in questo teatro si omaggia il cinema francese, ma anche il dadaismo di Tzara, la patafisica di Jarry, il realismo poetico di Prèvert e Carné; nello spettacolo ci sono incursioni di Cocteau, Arrabal,  Fellini, Kubrick, Spielberg e il suo Indiana Jones(c’è un inseguimento in piena regola). Gli attori si dimenano, scalpitano, sussurrano, parlano uno strano pastiche linguistico, un grammelot che allude alla Francia senza spiegarla. Lo spettacolo è corale ed evocativo, ma qui svetta per adesione, partecipazione e talento la prestazione di Federica Stefanelli nella sua Ofelia. Non si era mai vista un’uccisione così, per mezzo di alcune vasche in proscenio e una pistola ad acqua. Straziante l’Amletò pinocchiesco dal brio scintillante da giovane Pierrot di GuidoTargetti, il re di Manuel D’Amario con i suoi baffoni,  sembra invece un bambino al potere di Vitrac, il personaggio di  Claudio ci minaccia con la sua presenza(Yaser Mohamed), Daniele Biagini è Laerte, satiro crudele dalla forte espressività, ricorda un fool, massima espressione del gioco infantile. Gertrude è sensuale, vogliosa, superba(Teresa Federico), Rosencrantz e Guildestern sono Elena Fazio e Mauro Racanati: belli, giovani, golosi, teneri e antipatici all’occorrenza. Le musiche sono di Davide Mastrogiovanni, le luci di Guido Pizzuti. Lo spettacolo è un allucinato musical sul primo amore del nostro regista: il cinema.
La resistenza di questi ragazzi per questa attività così sperimentale, al di fuori dalle regole di mercato, senza la preoccupazione della lunghezza delle prove, senza sovvenzioni di sorta, ad incasso, commuove e  fortifica. Sono Off. Chi è il demiurgo di questa Compagnia di giovani? Uno dei più creativi registi dell’avanguardia teatrale italiana, il più polemico, complesso, originale, contraddittorio regista, dalla forza poetica e dal rigore assoluto(più francese che trasteverino), il più Off di tutti: Giancarlo Sepe.