Quella casa di bambola così vicina alla nostra

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di Francesco Sala

Ibsen nei suoi personaggi sceglie la verità senza compromessi. Non è mai ornamentale, non usa colori sgargianti, va all’essenziale; è un autore concreto. Come concreta ed essenziale ci appare questa Casa di bambola, messa in scena da Francesca Satta Flores al Teatro dell’Orologio di Roma.

Henrik Ibsen la scrisse dopo il successo de I pilastri della società (contemporaneamente in scena al Teatro Argentina) nel settembre 1878, in un’estate calda, amalfitana, soggiornando in una stanza a picco sul mare presso l’hotel Luna. In Italia fu rappresentata nel 1891 da un’interprete d’eccezione: Eleonora Duse.

La domanda fondamentale in Ibsen non riguarda soltanto la condizione femminile e la sua emancipazione, piuttosto il quesito è: “Di cosa viviamo?” Di libertà e verità. E queste due cose devono stare assieme. La ‘bambola’ Nora, la bambola-moglie, ci appare da subito capricciosetta, le sue mani sono ‘bucate’ e stizzosa esclamerà: “È meraviglioso avere un sacco di soldi e non avere preoccupazioni”. Il denaro è una proiezione verso il futuro; la coppia moderna deve necessariamente fare i conti con l’ansia, la carriera, cosa pensano gli altri (esemplare il personaggio del dottore, che sembra sfuggire romanticamente a tanta grettezza). La libertà e la verità sono a repentaglio, quando la tua società (borghese) si regge sui debiti, le rate, gli interessi. Nora per una cambiale è costretta a mentire in famiglia, contravviene ai suoi doveri sacri di moglie e di madre, ma quando si accorge di che pasta è fatto il suo maritino, trova se stessa e lo lascia. Restituisce la fede nuziale. Scandalo!

La regia stilizza la scena: porte bianche che girano su ruote, delimitano, si può dire ‘braccano’ la protagonista da possibili vie di fuga. Funzionale e asciutta la recitazione degli attori: Valentina Iannone, Angelo Rinna, Gaia Camanni, Luca Restagno, Camillo Ventola, Alessandra Lazzini.

Lo spettacolo, che replica a Roma fino al primo dicembre, proprio nella sua semplicità, rende l’idea di come la società descritta sia molto vicina alla nostra.