Da Kayone al mitico Flycat il trionfo della “street art”

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I “graffiti” sono in primo piano nelle gallerie e nei musei

di Luca Beatrice

 

Esploso negli anni Ottanta come fenomeno legato alla cultura metropolitana newyorchese, la Graffiti Art (ma il termine è molto criticato dai puristi che non amano le generalizzazioni) non ci mise molto ad arrivare anche in Italia grazie all’attività di scouting di Francesca Alinovi, la critica bolognese autrice di mostre come Arte di frontiera che scomparve tragicamente pochi anni dopo.

L’Italia dunque è sempre stata una terra d’accoglienza per questo genere di pittura urbana che nel tempo si è modificata geneticamente: ai writers e ai taggers della prima ora si sono via via sovrapposti altre bande giovanili che hanno ampliato mezzi e strumenti, dal disegno agli stencil, dallo spray alla Rete. Per la sua fluidità e immediatezza la Street Art dalla metro e dai muri, primo esempio di arte pubblica che nei risultati migliori si è posta il problema del maquillage urbano, è entrata nei musei e nelle gallerie, anche se i più militanti continuano a storcere il naso e ritengono negativa la commercializzazione. Eppure le ultime generazioni non si fanno troppi problemi a rapportarsi con industria e marketing, e proprio nella diffusione tra i giovani sta il segreto del successo di uno stile che bene o male ha più di trent’anni.

Scenario privilegiato è ovviamente quello dei centri metropolitani dove questo genere di arte stabilisce connessioni con il mondo della musica hip hop, trip hop ed elettronica, e quello della moda al punto da fornire continue idee allo street style adottato dalle boy band. La scena romana si sviluppa in particolare nel quartiere del Pigneto mentre a Torino il cuore pulsante è San Salvario, grazie all’attività di una galleria davvero off come Galo (il cui titolare è a sua volta artista).

Gli artisti più interessanti gravitano in buona parte su Milano, cominciando da Flycat, figura ormai leggendaria, noto anche come musicista e producer.

Kayone  è molto «pittore» e sofisticato; il suo linguaggio deriva dall’action painting americana rielaborata in cromie plastiche e artificiali. Ozmo predilige il disegno con una calligrafia insieme realista e fantasy, ricercata e letteraria e ha al suo attivo diverse mostre importanti. Altri nomi da segnare: Bo130, Microbo, El Gato Chimney. Galleria di riferimento Stradedarts in zona Lorenteggio.