Che cinema i quadri di Marta Mez!

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C’è qualcosa di irresistibile nell’osservare le finestre altrui. Una vetrina di libreria, un fast food, una porta socchiusa su un interno sconosciuto: tutto lascia intuire, ma mai svelare del tutto. Si vorrebbe distogliere lo sguardo, smettere di guardare. Eppure, davanti ai dipinti di Marta Mez, lo sguardo si blocca. Non puoi fare a meno di osservare. E di sentire che, in qualche modo, ti piace.

La Galleria Vik Milano ospita “Rear Windows”, mostra personale dell’artista Marta Mez, curata da Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci. Un’esposizione che trasforma la città in un teatro sospeso, senza attori in scena ma pieno di vite suggerite. La pittura dell’artista esplora la geometria degli edifici, il rigore delle loro linee, ma nelle luci delle loro finestre si annida una tensione cinematografica. I suoi dipinti non offrono volti, non mostrano gesti, eppure raccontano storie.

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Mondi che si accendono dietro finestre illuminate nella sera. Certe facciate di condomini restano buie, mentre altre si accendono di una lampadina fioca. Oltre le tende chiuse, ombre sfocate si muovono, sagome senza nome, presenze che esistono appena nel riflesso del vetro.

Ogni edificio è una presenza silenziosa, uno scrigno che trattiene ciò che non possiamo vedere. Le insegne luminose, le ombre sulle pareti, la ripetizione ossessiva dei dettagli architettonici evocano un senso di attesa, di presagio. Guardare queste opere è come sbirciare attraverso una fessura: un atto di voyeurismo involontario e, allo stesso tempo, una ricerca di senso nel caos urbano.

“Il tratto pittorico di Marta Mez è di una precisione quasi brutale”, osserva la curatrice Nidiaci. “Come in un film di Hitchcock, lo spettatore si trova a guardare attraverso una finestra che non è solo un varco nello spazio, ma un’apertura sulla possibilità di storie che non conosciamo e che forse non conosceremo mai.”

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C’è il cinema, nei quadri di Marta Mez. Hitchcock, certo, ma anche Polanski. Le atmosfere di “Rosemary’s Baby”, il senso di sospensione di “Carnage”. La luce e l’ombra si alternano come in una scenografia meticolosa, costruendo un mondo in cui l’architettura non è solo sfondo, ma protagonista. La città non è solo abitata: è un organismo che osserva, che trattiene storie e che, a sua volta, ci guarda.

Nata a Białystok, in Polonia, nel 1981, Marta Mez si è formata all’Accademia di Belle Arti di Varsavia, lavorando in ambito scenografico teatrale e cinematografico prima di dedicarsi completamente alla pittura. Oggi vive e lavora a Milano, proseguendo la sua ricerca sulla città come spazio di percezione e narrazione.

L’esposizione rimarrà visitabile fino al 6 aprile 2025, invitando il pubblico a perdersi nei riflessi delle finestre e nelle storie che non si possono vedere, ma solo immaginare.