Leonilde Carabba o la luce del nero

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L’arte e la scienza da sempre si frequentano e si confrontano con le rispettive tecniche, attraverso la creatività, l’immaginazione, la visionarietà. I buchi neri e i buchi bianchi rappresentano alcuni dei fenomeni più misteriosi ed affascinanti dell’universo: sono la coppia yng e yang dell’astrofisica. Mentre i buchi neri è un luogo (una stella collassata) in grado di ingoiare tutta la materia che hanno intorno, da cui nemmeno la luce è più in grado di fuggire, i buchi sono una ipotetica (non ci sono prove della loro esistenza) regione dello spaziotempo dentro cui è impossibile entrarci ma dalla quale può uscire energia-materia e luce. Secondo alcuni fisici potrebbero essere collegati: ad un certo punto il buco nero non potendo più sostenere la concentrazione di materia al suo interno la “espellerebbe” trasformandosi in un buco bianco. Ipotesi indicibilmente suggestive.

Il mondo dell’arte non è indifferente alla suggestione della luce e del buio. Ed è iniziata dagli anni 50 ( i primi esperimenti si devono a Lucio Fontana)L una straordinaria rivoluzione con la Luce di Wood, chiamata anche la luce nera che sfruttando le onde UV e la fluorescenza di pigmenti permette di vedere l’invisibile, ciò che è nascosto alla percezione naturale. Sotto l’effetto della luce di Wood, superfici pittoriche che incorporano pigmenti fosforescenti e fluorescenti alla luce normale non percepibili dall’occhio umano, per l più incolori (di aspetto bianco) “si accendono”, mantenendo il buio nelle stanze.

La luce in tutte le sue declinazioni- luce naturale, luce wood- è protagonista assoluta della nuova mostra di Leonilde Carabba a Milano allo Spazio d’Arte Scoglio di Quarto,”La luce del nero” a cura di Jacqueline Ceresoli, inaugurata il 3 febbraio visitabile fino 28 febbraio. E’ la luce che emerge dal buio, dal caos del cosmo, ,un pozzo di ignota oscurità, il buio inteso anche come luogo dove prende vita l’immaginazione dell’artista . E che diventa un cammino di elevazione spirituale.

Artista pioniera della Light Art, studiosa di astronomia, astrologia, della Kabbal, attivista femminista degli anni ’70 e cofondatrice della Libreria delle Donne di Milano (nel 1975), LeoNilde Carabba nelle sue opere, non separa la dimensione materiale da quella simbolica alla ricerca di una armonia cosmica, nel superamento delle dualità, in un’azione di svelamento continuo dell’invisibile. Mandala, cerchi, labirinti e piramidi diventano parte integrante del suo vocabolario pittorico, intriso di simbolismo e spiritualità. Anche l’uso del colore fluorescente e fosorescente e altre tecniche miste, riflette la gioia che accompagna la sua ricerva artistica indissolubile dalla storia personale, alla ricerca della luce, quando ci si trova ad essere nel buio, anche in senso metaforico “Una spazialista stellare, cosmica, alchemica e simbolista che avrevbbe affascinati Gustav Jung. Erede di Lucio Fontana “, la definisce la curatrice Ceresoli, storica e critica dell’arte docente all’Accademia di Belle Arti di Palermo. Un’artista capace di elevare la pittura a pratica meditativa ed esistenziale: lo si intuisce dai titoli delle sue opere Come la serie Meditazioni zen Yan-Ying, Anime gemelle si cercano del Samshara, Scritture celesti, Sirio Docet, L ‘Albero della vita Meditazione Zen Yin -Yang.

Nello spazio espoitivo della mostra, sarà il buio ad accogliervi. Come se ci si trovasse negli spazi infiniti del cosmo o in uno spazio del nostro inconscio. La luce sembra non esserci, ma in realtà c’è, eccome. La luce si prende il suo tempo, ma arriva: la luce nera . Basta avere solo pazienza e lo ritroverete. LeoNilde Carabba vuole farci sapere che esistr la luce nell’oscurità. Paradossalmente il buio è la precondizione essenziale per l’artista affinché si possa davvero, fare luce e dunque “vedere. Dal caos e dal buio dove si origina il mistero del divenire del mondo, si desta la luce che in apparire inquieto svela il mondo. Fa nascere le passioni dell’anima di chi cerca insistentemente la vita, una possibile nuova dimensione della vita. Dobbiamo avere il coraggio di fare i conti con la nostra Cecità sul mondo (un’epidemia di Cecita, direbbe Josè Saramago) In un procedere assorto alla ricerca di spazi ancora sconosciuti. All’osservatore è richiesta una contemplazione attiva delle sue opere, perché la percezione visiva, sensoriale, emotiva è cangiant, a seconda che la visione del dipinto avviene alla luce naturale, al buio, o con la sollecitazione della lampada Wood. Non è un mero espediente estetico. Carabba presenta il concetto della percezione non come fenomeno universale e autonomo, ma muta continuamente in base alla fonte di illuninazione.

Buio e la luce, nero e bianco non sono intese come forze opposte ma complementari e interconnesse. Come Yin e Yang, due principi cosmologici raffigurati nella tradizione cinese come due semicerchi intimamente avvinghiati, come due virgole, di pari misura all’interno di un cerchio. Che diventa un richiamo all’armonia dell’Uno, incontro tra maschile e femminile. Un tema ricorrente in questa mostra, dove ricorrono sfere concentriche, costellazioni pulsanti di luce. I “buchi bianchi” di Carabba, omaggio a Lucio Fontana celebrano l’oscurità come il luogo primordiale da cui nasce la luce ammantata di fascino Inno alla Materia Oscura – omaggio a Vera Rubi ( l’astronoma americana, pioniera nello studio della rotazione delle galassie)è per l’artista, l’inno al femminile più profondo. Sirio Docet: la più luminosa delle stelle fisse, può illuminare questo periodo di crisi epocale. Riportandoci a credere possibile che la Luce torni a emerge dal Buio che ci circonda.

LeoNilde Carabba_2024_01_A_Buco Bianco_47 Tucanae_Acrilici, fluorescenti e Fosforescenti su legno 50 cm. di Diametro_Luce Diurna

Siamo andati a trovare Leonilda Carabba nella sua casa studio sui Navigli dove abbiamo parlato della sua poetica e molto altro ancora.

Esordisci con la tua prima mostra a fine degli anni anni cinquanta, sostenuta dai “Grandi” come Lucio Fontana. Risale al ’65la collettiva alla Bianco e Nero di Roma con Accardi, Afro, Burri, Dorazio, Tancredi, Capogrossi. Come ti vedi oggi dopo oltre cinquanta anni di carriera artistica e che continua tutt’oggi

L’arte è entrata nella mia vita con la forza di una rivelazione assoluta. Da giovanissima lavoravo in pubblicità, come copywriter, guadagnavo bene, il vero e proprio dipingere è iniziato in un momento di grave crisi esistenziale. La mia famiglia fu solidale con me, ma inquieta per le mie scelte eterodosse. Diventare Artista è stato però un processo lungo e travagliato, con battute d’arresto e “distrazioni amorose” ma il dubbio non si è mai inserito, neppure nei momenti più difficili, ma ne valeva la pena perché senza crisi non si evolve. In quegli anni io mi consideravo atea, ma poi la ricerca spirituale divenne uno dei cardini della mia vita. Si può dire che questo costante processo evolutivo mi ha portato dal Buio alla Luce. Sono partita spezzata e sono diventata integra e in pace con me stessa.

Sei partita dalle geometrie optical degli anni 70 e sei arrivata alla luce di Wood che attiva il colore fluorescente. Può parlarci meglio di questa tecnica?

La lampada di Wood conosciuta anche come luce nera produce un tipo particolare di luce che sfrutta le onde ultraviolette e la fluorescenza dei materiali per illumniare , superfici pittoriche diversamente non direttamente visibile dall’occhio umano. E’ la luce che illumina l’invisibile che ci circonda. L’illuminazione spirituale, nel buddismo.

La Cabala, l’astrologia, il pensiero cinese incentrato sul dualismo non oppositivo ma complementare yin- yang sono entrate a pieno titolo con i loro simboli come soggetti ispiratrici delle tue opere.

Sì ,la mia ricerca artistica ha sempre riflesso in modo indissolubile la mia ricerca spirituale. Tutti i percorsi di ricerca interiore- meditazione, esperienze sciamaniche, analisi individuale junghiana, terapia di gruppo reichiana, studio approfondito dell’Astrologia, della Kaballah e di AuroSoma -informano la mia mente ed il mio spirito e rendono la mia pittura uno spazio al di là del visibile. Aggiungo anche che il mio coinvolgimento nel Movimento delle Donne, ha segnato un momento importante e imprescindibile del mio “Viaggio Alchemico.

Ti definisci “un’ alchimista” e ben si adatta al tuo lavoro. L’aspetto tecnico nella ricerca dei materiali e quello spirituale si fondono nella tua pittura.

Si, io dico sempre che ho mangiato pane e colori fin da bambina, perché mio padre era un ingegnere chimico e quando avevo 4 -5 anni e lui tornava a casa mi diceva : “oggi ho fatto un nero”, così iniziavo a chiedergli cosa significasse, a farmi spiegare i procedimenti. È proprio attraverso la ricerca e continue sperimentazioni e lavorazioni di materiali e proporzioni, che l’alchimista si avvicina alla formula magica capace di trasmutare il metallo in oro. Esiste un alchimista in ognuno di noi: è la nostra parte avventurosa, quella che con fiducia crede, che lavora instancabilmente alla sua interezza e che abbraccia il mondo.

Anche il tuo nome che scrivi con le maiuscole LeoNilde suggerisce l’unione di due dualità maschile e femminile

E’ il mio modo per dichiarare già nel nome che in me esiste sia il maschile che il femminile, che si incontrano e, sul piano dell’anima, si sposano. Iniziare il viaggio alchemico per me ha significato riconoscere ed esprimere nella sua totalità sia la parte maschile che la parte femminile di sé. E tutta la a storia della mia vita è stata trovare l’equilibrio tra le due forze.

“Bisogna lasciare accadere un quadro”, dici spesso.

Perché a volte ciò che viene iniziato non si comprende fino in fondo come finisca. Mentre lavoravo alla mia ultima serie non potevo credere ai miei occhi di come stava cambiando nel farla, come del resto io stessa. Senza mai smettere di stupirmene.