«Il teatro è una palestra per l’anima, il cuore, i sentimenti», dice ed è un grande piacere ascoltarla. Voce profonda, sguardo intenso, accompagnato da qualcosa di signorile, non di imperioso ma di infinitamente distante nel mistero della sua inafferrabilità, Monica Guerritore è una grande protagonista del teatro italiano, regista e drammaturga, Commendatore al Merito della Repubblica per il suoi impegno nel campo delle arti e della cultura. Bellissima. Senza trucco, al naturale, Monica Guerritore non ha paura di mostrarsi com’è. «Non voglio essere di plastica e sono convinta che, anche se sul mio corpo si affacciano le rughe, io non invecchierò mai perché l’anima non invecchia. Ma ogni tanto entro in farmacia e dico: c’è una crema per avere 18 anni?»
Cosa è il tempo per Monica Guerritore, oggi?
E’ una bene prezioso. Il passato mi ha fatto diventare quella che sono. E oggi possiedo soltanto il presente, ed è il qui e ora che mi interessa, il futuro meno. Ha mosso i primi passi sul palcoscenico al Piccolo Teatro di Milano con Giorgio Strehler nel celebre Giardino dei ciliegi. Accompagnavo la mia amica Consuelo che era andata al Piccolo Teatro per tentare un provino con Giorgio Strehler, che preparava una grande edizione del Giardino dei ciliegi e cercava una giovane attrice per il ruolo di Anja. Era il 1974, il 5 gennaio, il giorno del mio compleanno. Non avevo alcuna intenzione di fare l’ attrice, da lì avrei preso la corriera per andare a asciare a Sankt Moritz con alcuni amici. Invece, come in una favola, il regista tra tutte sceglie proprio me. Mollai il collegio, mollai tutto, vivevo come sospesa in attesa di entrare in teatro dove cominciavo a sentirmi al posto giusto.
Parliamo dell’oggi, della sua Gabriella, proprietaria di un albergo sulla costiera amalfitana che riscopre la passione e il sesso con un giovane. Protagonista di Inganno, è la serie tv non in inglese più vista nel mondo su Netflix. Com’è successo?
Inganno mostra che una donna di 60 anni può ancora innamorarsi e avere una vita sessuale travolgente. Al centro della storia il tabù femminile per eccellenza: una donna matura che ha una relazione con un ragazzo molto più giovane. Una donna che di colpo sente che il suo cuore ancora esiste, che può amare appassionatamente e perdere la testa. Gabriella non teme il cuore che brucia ma piuttosto quello silente, senza più emozioni. Il desiderio non invecchia: e le donne devono sentirsi libere, a tutte le età, di vivere la passione. E sa cosa? Va ribaltata la narrazione. C’è un altro modo di invecchiare. A 60 anni c’è ancora il desiderio. Le donne cambiano. Prima hanno le mestruazioni, fanno i figli, poi c’è la menopausa. Diventano adulte e a un certo punto tutto si ferma. Ma chi l’ha detto? Non è così. Le donne sono vive, hanno desideri e, si sa, l’amore è pericoloso. Dobbiamo smettere, poi, di pensare che noi donne siamo solo sentimenti: siamo anche corpo. Occorre amare ogni età che attraversiamo, accompagnare le nostre trasformazioni fisiche, ne abbiamo tanti di momenti passaggio: le prime mestruazioni, la gravidanza, la menopausa continuamente il corpo della donna subisce trasformazioni.
Per questo nella serie ha esposto il corpo senza filtri
Non ho voluto Photoshop. Ecco, con il mio lavoro voglio contrastare questa robaccia che c’è in giro, l’omologazione dei visi contraffatti. Penso di poter essere testimone per il pubblico femminile e un’apripista per le colleghe cinquantenni a cui si chiede sempre di avere il viso da trentenni. A 60 anni non hai il corpo di una di trenta, ma puoi suscitare desiderio. Si ama con passione e abbandono pure alla mia età.
Come ha affrontato le scene di nudo e di sesso?
Lo so, non è consueto vedere una donna matura sullo schermo senza ritocchi, con un po’ di pancetta, soprattutto se fa sesso. Ci è voluta una dose di coraggio iniziale, a volte ho tremato, ma era importante il messaggio. Volevo mostrare la stessa intensità passionale, senza barare sul mio viso e la mia età, che è la stessa della protagonista, anche con l’umiliazione e l’imbarazzo. Se stai con un uomo giovane esiste, sì. Non mi è mai accaduto nulla del genere nella vita. Trovarmi sul set con la mia bellezza sfiorita rispetto a quella che il pubblico ricorda (strepitosa, ndr) e davanti a un ragazzo così bello non è stato facile. Mi sono trovata spesso in difficoltà a girare alcune scene, ma il coraggio viene dal mio mestiere. Ci tenevo però a mostrare una donna per quello che è a sessant’anni, con tutti i segni del tempo: siamo fatti di carne, è giusto raccontarci per quello che siamo.
A breve sarà sul set per il suo debutto da regista e il film è su Anna Magnani, più che mai bellezza, fuori schema, non convenzionale. Qual è il punto di vista con cui si accosta alla sua storia?
E’ la prima pellicola in assoluto sulla vita di Anna Magnani, la prima attrice italiana a vincere l’Oscar. E’ un’idea che porto avanti da tre anni. Gli occhi della Magnani, il suo sguardo, mi aiutarono a portare sul grande schermo nel 1996 La lupa (un film con la regia del suo ex marito Gabriele Lavia, ndr) che lei aveva recitato a teatro. In quell’intensità riconosciamo la fatica di una donna. Aveva scritto sceneggiature che nessuno ha letto. Ha lottato come madre con un figlio colpito dalla poliomielite e come amante tradita (da Roberto Rossellini, ndr). Questa è la storia che io voglio raccontare ed è la storia di una vita difficile, ma eccezionale come il suo talento. La Magnani ha imposto al cinema una nuova estetica femminile: imperfetta, non giovane, di ineguagliabile fascino. Non ha mai cambiato niente del suo aspetto. Non ha mai cancellato le sue rughe, le sue borse. Non ha mai avuto una messa in piega, non si è mai truccata. A contraddistinguerla era il talento che aveva dentro. Era così. Io, come lei, ho cominciato a tagliarmi i capelli da sola (ride,ndr).
«Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Le ho pagate tutte care. C’ho messo una vita a farmele!». La celebre frase che Anna Magnani disse al suo truccatore parecchi anni fa è attuale più che mai, e sembra ironizzare sulla moda dilagante di fermare il tempo.
Oggi più che mai dalla Magnani c’è molto da imparare. Anche il viso di una persona matura può esprimere bellezza. Anche la pelle e le rughe sanno raccontare la nostra storia e la nostra evoluzione, che passa attraverso esperienze diverse, disagi, gioie, dolori, lotte quotidiane e successi. Come non definire tutto questo bellezza? Sono venuta al mondo nella stanza 313 di una clinica romana: per la fatica del lungo travaglio la testa mi era diventata una pera…in qualche modo devo essermi accorta della delusione di mamma. Ecco perché quella bellezza più tardi non l’ho mai sentita veramente mia. E poi la bellezza della gioventù è un momento brevissimo. Poi arriva la bellezza che conta, quella che viene da dentro. «Invecchiando non voglio sembrare più giovane. Voglio sembrare più felice», diceva ancora la Magnani. Una grandissima lezione da tenere a mente. Anche da giovani!
Cosa ha imparato dalla donne che ha portato in scena?
La molteplicità e la complessità del femminile. Mentre tutti gli stereotipi culturali vorrebbero imprigionare le donne in uno schema. Ancora troppi stereotipi di genere. Non esiste la donna. Ma le donne. Forti, fiere, rabbiose, sensuali, voraci, consapevoli, adultere, ingabbiate nell’illusione di una vita altrove, o deboli, sofferenti per aver troppo amato o scambiato per amore vero il loro disperato bisogno di amore. E ancora: donne sgarbate come Oriana Fallaci capaci di dire no, che hanno aperto le porte a una libertà femminile piena di energia.
Tratto principale del suo carattere?
Il coraggio. Come Oriana, non ho mai voluto scusarmi per lo spazio che occupavo. Ho fatto regie, scritto testi e libri, senza mai chiedere il permesso a nessuno.