Il 13 gennaio 1884 nasceva Ettore Petrolini che con il suo genio deformava l’arte e la donava al suo pubblico. Lunedì 15 gennaio per celebrarlo, nel luogo dove il maestro debuttò nel 1911, il teatro Sala Umberto di Roma, l’artista livornese Dario Ballantini farà rivivere nella sua versione che sarà, grazie al suo amore per il camuffamento, il più aderente possibile, i sette personaggi culto del grande artista.
Lo spettacolo che hai ideato su Petrolini è parte delle celebrazioni per i 140 anni dalla sua nascita, è un tempismo casuale o una tua dedica a prescindere?
Ho sempre adorato Petrolini perché mi aveva colpito fin da bambino così come mi colpi l’aver saputo che il Maestro era stato di ispirazione a tanti grandi artisti italiani che ammiravo fra cui, soprattutto, Gigi Proietti. Fu anche rivedendo degli spezzoni tratti dai varietà del passato che mi appassionai a lui e soprattutto al suo modo grossolano di truccarsi. Da ragazzo infatti già mi esprimevo attraverso le imitazioni e Petrolini è stato di grande ispirazione tanto è vero che il lavoro che porto in scena alla Sala Umberto non è che una ripresa di un cammino iniziato più di trent’anni fa.
Quando trovi il tempo di fare tutte le tue ricerche impegnato come sei tra le imitazioni per Striscia la Notizia e le tue opere figurative?
Più che ricerca la mia è una vera e propria passione perciò anche se il tempo è difficile da trovare io lo trovo. Per imitare certi personaggi così straordinari bisogna documentarsi tantissimo anche su testi antichi e per fare questo bisogna necessariamente essere assaliti da una sete di conoscenza inesauribile che mi porta ad ottimizzare ogni istante della mia vita.
E il tempo per provare gli spettacoli?
Avendo tutto il repertorio a memoria da quasi quattro decenni non è un impresa troppo difficile. Nelle pause tra un viaggio e l’altro, poiché in scena ci sono solo io coadiuvato dal bravissimo Marcello Fiorini che però è il musicista che mi accompagna, posso tranquillamente provare nella mia camera di albergo. Durante lo spettacolo mi trucco e faccio tante altre cose ma ripetendo praticamente gli stessi gesti da anni mi muovo in scioltezza un po’ come se fossi al buio.
Hai mai trovato analogie tra Petrolini e Lucio Dalla, soggetto di un altro tuo bellissimo spettacolo?
L’analogia eccola qua: entrambi i personaggi sono creativi autodidatti. Tutti e due hanno sperimentato su loro stessi e a loro spese due carriere difficili; tutti e due hanno vinto grazie alla potenza della loro dote e della loro incertezza. Sia Petrolini che Dalla infatti si sono mossi nei loro rispettivi settori, ossia il teatro e la musica, senza alcuna rete di protezione rischiando di prendere le torte in faccia e dimostrando invece di essere unici.
Come vedi l’intrattenimento del presente, considerato che hai tre figli di diverse generazioni?
Ho due maschi e una femmina. Mia figlia, Ilaria, che ormai ha 26 anni ha scelto di fare teatro, e devo dire che lo fa bene, ha attinto alle mie esperienze anche perché io per primo ho cercato di trasmetterle la mia passione per i grandi del passato. Insieme abbiamo visto tutti i film di Totò, le opere di Eduardo De Filippo, abbiamo ascoltato la musica di Dalla e per ciò che riguarda Petrolini Ilaria mi ha visto preparare lo spettacolo e provarlo quindi la base storica lei ce l’ha. Naturalmente mia figlia si cimenta anche in testi contemporanei ma rispetto agli insegnamenti accademici può anche avvalersi delle informazioni di chi ha vissuto a partire dagli anni sessanta come me.
Sei stato insignito del premio PETROLINI dalla famiglia del Maestro, che emozioni ti ha suscitato questo riconoscimento?
Vorrei precisare che questo premio è il primo ad essere dato ad un attore non romano perciò ne vado oltremodo fiero. Questo spettacolo è in tournée da diversi anni, abbiamo ridebuttato all’OFF OFF Theatre di Roma tempo fa, e il fatto che una istituzione importante come la Commissione Cultura della Camera me lo abbia chiesto ufficialmente per inserirlo nel calendario delle celebrazioni del 140* anniversario della nascita di Petrolini è per me un grandissimo onore.