Ciao Silvio genio italiano

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Silvio Berlusconi è stato e sarà per sempre un pezzo della storia d’Italia. Le sue geniali intuizioni hanno disegnato il Paese negli ultimi 40 anni restituendo ottimismo e quel senso di italianità che in pochi come lui hanno avuto. Mi stringo attorno a Paolo a Luna e a tutta la famiglia in questo momento di dolore

Edoardo Sylos Labini

Giuliano Ferrara, uno che lo conosceva bene, dalle colonne di quel Foglio nato 2 anni dopo la sua celeberrima “discesa in campo”, lo aveva definito così: un socialista gaudente. Perché non è vero che la destra e blah blah blah, come volevano far credere i sinistri e i descamisados in servizio permanente effettivo, da baffone Occhetto a baffino D’Alema, quando lui, il Cav (così lo chiamavano con gaia levità e anche tiratine d’orecchie, su quel Fogliuzzo quotidiano che era anche un po’ la coscienza critica della sua creatura, Forza Italia), in 7 mesi mise su un partito e vinse le elezioni facendoli rosicare:  era attento al capitale e al sociale ma senza fanatismi, anzi prendendo quel che di bello una vita di lavoro offriva.

Il Cav fu in anticipo su tutto, perfino sul green che adesso va tanto di moda: lui, per primo, nei lontani anni Settanta, quando creò Milano 2, volle mettere in quella piccola-città-nella-città non solo il verde ma anche le piste ciclabili e le pedonalizzazioni, ma che non fossero invasive degli spazi per le auto, anzi addirittura armonizzate con loro. Quanto avrebbero da imparare da lui gli urbanisti ecologisti che oggi (s)governano sotto la Madonnina…

Dice le televisioni. Vero, verissimo. Rivoluzionario anche lì, con la tv commerciale e Beppe Recchia prima e Antonio Ricci poi che proprio lì inventarono Drive In. E poi il TG5, anno 1990, con un giovane Mentana (“mitraglia” lo chiamavano) che ci faceva entrare nella prima guerra in Iraq con le immagini e le dirette che manco la Christiane Amanpour.

Ma se dici tv dici anche cinema. Anche qui un successo, checché ne dicano gli intellò un tanto al chilo: Mediterraneo, Johnny Stecchino, Un te nel deserto e ci fermiamo qui.

E poi la cultura, con il Teatro Manzoni di cui il Cav fu il mecenate, “il salotto di Milano” dove hanno calcato la scena Valentina Cortese, Rossella Falk, Massimo Ghini,  Vittorio Gassman di Giorgio Albertazzi e tanti altri.

Insuperabile nel settore bancario  con Ennio Doris (R.I.P.) e Banca Mediolanum, che svetta tutt’oggi. Per non parlare dello sport, con l’acquisizione del Milan che ha vinto ogni titolo. 

E infine la politica, altra sua rivoluzione che è stato un ossimoro diventato realtà, con l’invenzione del partito liberale di massa, quel Forza Italia (geniale anche la scelta del nome) che a livello parlamentare ed esecutivo ebbe il meglio del meglio del meglio, dalla cultura al mondo produttivo, da Lucio Stanca che anticipò tutti sull’innovazione tecnologica a Lucio Colletti e Marcello Pera, i filosofi del Cav, portatori con lui di quella “terza via” tra il capitale e il sociale che a sinistra stanno ancora cercando.

Il Cav ha infilato uno via l’altro tutta una serie di miracoli che l’Italia malmostosa dei malpensanti invidiosi del successo altrui non gli ha perdonato, tu chiamala invidia sociale se vuoi, intervenendo con i carichi da novanta tra la cronaca politica e quella sociale. E ovviamente anche quella giudiziaria (e Trump oggi ne sa qualcosa), con i processi mediatici sui giornali fuori dalle aule di Giustizia.

Genio e regolatezza, perché il Cav era così: buttava lì un’idea imprenditoriale come in un convivio, come quando propose la Ferrari Junior per i portafogli piccoli e tutti scansarono l’idea come dal sen fuggita. Infatti. Oggi i cinesi producono il clone del Range Rover Evoque e fra pochissimo lo faranno anche con la Rossa.

Emanuele Beluffi