Ci lascia Monica Vitti, icona bionda dell’incomunicabilità e della rivoluzione gentile

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”In un film intitolato l’Eclisse una donna vaga per le vie di una città deserta, sotto un sole rovente. E’ spaventata, angosciata. Da cosa sia angosciata lui non sa dirlo con certezza: il suo viso non rivela nulla. La donna è Monica Vitti. Con le sue gambe perfette, le labbra sensuali e la sua espressione assorta, Monica Vitti l’ossessiona, si innamora di lei. Fa sogni in cui è lui, tra tutti gli uomini al mondo, a venir scelto per essergli di conforto e consolazione, “fino a concludere l’evocazione con la donna che lui vede entrare nella stanza dove abita “Lui fa un passo avanti, la cinge tra le braccia. Il tempo cessa di esistere: lui e Monica Vitti sono una cosa sola”. Così scriveva di lei, lo scrittore sudafricano Premio Nobel J.M. Coetzee, folgorato dalla sua immagine in uno dei capolavori di Antonioni che l’hanno resa icona femminile di modernità.

Ci ha lasciati l’attrice del più bel cinema italiano, a 90 anni, dopo una lunga malattia che le aveva sottratto lentamente la memoria. Il pubblico aveva già sofferto per la sua assenza, costretta ad abbandonare le scene nei primi anni del 2000, una brutta legge del contrappasso per un’artista dalla vitalità straordinaria.

Il vero nome era Maria Luisa Ceciarelli, nata a Roma il 3 novembre 1931, dotata del fuoco sacro della recitazione. Versatile, talentuosa, dalla comicità prorompente. Nella sua lunga carriera passa dal teatro, al cabaret e al cinema, dalla tragedia al dramma e poi alla commedia sempre con la sua personalissima cifra stilista. Monica Vitti è inimitabile. Il suo sodalizio artistico e sentimentale con Michelangelo Antonioni la consacra musa bionda dell’incomunicabilità. Celebre in tutto il mondo la trilogia di Antonioni: L’avventura, La notte e L’eclisse, dal 60 al 63, dove ama prima Ferzetti, poi Mastroianni e infine, Delon per poi chiudersi, con il Leone D’Oro a Venezia di Deserto Rosso.

Sarà poi, la volta del fortunato incontro con Mario Monicelli e il successo de “La ragazza con la pistola”. Qui, la Vitti si reinventa e con la sua voce sabbiata diventa tra le interpreti brillanti più richieste del cinema italiano. 3 Nastri e 5 David, sarà protagonista di  pellicole che faranno la storia della commedia all’italiana. Dramma della gelosia di Scola, Amore Mio Aiutami, in cui Monica Vitti incontra per la prima volta un attore che le sarà congeniale, Alberto Sordi. Sarà la volta di Ti ho sposato per allegria di Salce, la pochade dell’Anitra all’arancia con Tognazzi, la Tosca di Magni con Proietti; Amori miei, l’indimenticabile Ninì Tirabusciò e infine, la commedia neo realista Teresa la ladra che rimase uno dei titoli preferiti dall’attrice. Difficile condensare una filmografia immensa. Nel 1995 giunge il meritato Leone d’Oro alla carriera alla Mostra di Venezia, un riconoscimento che celebra la donna più moderna, divertente e affascinante del cinema italiano.

Monica è capace di conquistare il palco col suo modo d’essere schietta e complessa, libera da classificazioni o clichè. Monica Vitti è stata rivoluzionaria capace di innescare un meccanismo comico, film dopo film, imbastendo un’efficace dialettica modernizzante sull’emancipazione della donna, senza mai toccare toni conflittuali. Come ha scritto Cristina Colet, con Monica Vitti giungono finalmente sullo schermo “donne non più chiamate a incarnare un modello materno come negli anni Cinquanta, o da femme fatale, volte a solleticare gli interessi di un pubblico quasi esclusivamente maschile, ma personaggi più realistici che si mostrano con i loro desideri e aspirazioni, in un periodo di completo stravolgimento sociale”. Restava sé stessa, indiscutibilmente bella, e insieme spiritosissima. Forse l’unica donna capace di far ridere un uomo ed ammaliarlo allo stesso tempo. E lo ammetteva apertamente lei stessa: «Sono fatta non solo di contraddizioni, ma di caratteri opposti. Sono una persona estremamente angosciata, triste, e nello stesso tempo allegra, trascinante, vitale. E tutto questo in modo molto estremo».